Gli emojis compiono 22 anni, se non fosse per una recente scoperta che ne colloca la nascita nel 1997 anziché nel 1999. Finora tutti indicavano Shigetaka Kurita come il grande padre delle emoji, ma a quanto pare non è così. Questo mese, inoltre, sono state lanciate nuove emoji nella versione 14.0, disponibile grazie a Unicode, il linguaggio universale che consente a tutti i dispositivi di utilizzare le famose facce gialle. Quindi è un buon momento per guardare indietro e ricordare fino a che punto è avanzato questo modello di comunicazione pittografica.
Ma partiamo dall’inizio. Ed è necessario chiarire che c’è una differenza tra emoticon ed emoji: le emoji sono le più usate oggi, a un certo punto si sono sovrapposte e ora le emoticon sono esclusive delle piattaforme se supportano Unicode. O quei ribelli che odiano gli emoji.
Le emoticon sono nate molto prima. Alla fine del XIX secolo, molte persone usavano le parentesi nelle loro lettere per “disegnare” un sorriso. Il primo che viene registrato è questo ‿ proposto da Ambrose Pierce nel 1912. Più tardi Allan Gregg avrebbe proposto di farlo con uno script per un sorriso normale e con due script per una risata. Accompagnarla con un # significava fastidio e un * avrebbe avuto la resa di un occhiolino.
Tuttavia, quello che si fa chiamare “padre” delle emoticon è Scott Fahlman, che nel 1982 propose ai suoi colleghi della Carnegie Mellon University di usare 🙂 per commenti sarcastici o con una battuta implicita o 🙁 per qualcosa di più serio.
Con l’avvento dei PC questa lingua è diventata popolare in altri istituti. Presto sarebbero diventati un modo di comunicare e le persone avrebbero inventato nuovi font che simboleggiavano emozioni o situazioni. Come curiosità resta che in Occidente le usiamo sempre di lato (bisogna girare la testa per vedere bene), mentre in Giappone le emoticon guardavano chi scriveva. Questi sono buoni esempi. (* _ *) (-_-;) (^. ^).
Ora, mentre le emoticon derivano dalle parole “emozione” e “icona”, le emoji sono una creazione completamente giapponese. La “e” sta per “immagine” e “moji” è il “carattere”, la somiglianza è mera coincidenza poiché partono da etimologie diverse.
Come abbiamo detto, le emoticon sono arrivate molto prima, ma le emoji erano quelle più popolari. Shigetaka Kurita è stato il loro creatore e oggi il suo nome non è così noto perché non ha mai registrato la sua creazione. Kurita era un designer di 26 anni che lavorava per NTT DoCoMo e la loro nuova rete i-mode. Questa è stata una delle prime reti mobili al mondo e, poiché era una novità, era piuttosto costosa e i messaggi tramite i-mode costavano denaro per carattere. Quindi gli è stato chiesto di riassumere le idee in piccoli disegni che rappresentassero un solo personaggio.
Se fossimo sfidati a tradurre 176 idee, incluse persone, luoghi, emozioni e concetti in simboli a 12 bit, il tutto in cinque settimane, la maggior parte dei designer andrebbe in estasi. Non solo i giapponesi lo hanno fatto, ma hanno dato il via a una tendenza super popolare in Giappone che si è intensificata alla stessa velocità della tecnologia mobile. Ogni compagnia telefonica del Paese ha iniziato a creare i propri emoji, e questi sono diventati una parte essenziale della lingua in Giappone. Non sarebbe stato fino al 2005 che questi avrebbero potuto raggiungere l’Occidente attraverso Unicode.
Questo linguaggio universale per i dispositivi digitali è stato negoziato da Google, Apple e altre grandi aziende. Alla fine, è stato proposto il linguaggio Unicode per risolvere il problema, ed è per questo che ora sono disponibili tutte le piattaforme.
Kurita, dal canto suo, non ha ricevuto alcun bonus economico per il suo contributo alla cultura digitale, ma almeno ha il riconoscimento di tutti. Inoltre, il Museum of Modern Art (MOMA) gli ha dato uno spazio in cui viene raccontata la sua storia e possiamo vedere i primi 176 emoji della storia. Il giapponese sostiene di essersi ispirato ai manga e ai kanji del suo paese. Già a quel tempo molti mangaka disegnavano una vena intorno al volto di un personaggio per rappresentarlo fastidioso, così Kurita se ne accorse. La sua sfida era più grande, dal momento che doveva fare tutto in piccoli caratteri di soli 40 pixel, ma lo ha fatto. Si rammarica solo di non aver creato l’emoji sorridente della cacca, anche se ammette che DoCoMo non glielo avrebbe permesso.
L’influenza culturale di questi pittogrammi è indubbia, hanno fatto un passo avanti rispetto alle emoticon e rappresentano un modo di comunicare molto economico. Dal 2010 ci sono molte storie legate agli emoji, da film a videoclip.
Da parte sua, l’emojipedia continua a raccogliere dati da questi e possiamo dire che l’emoji della risata con le lacrime agli occhi 😂 è ancora il più utilizzato. Altri che spiccano sono il quarto cuore ❤️ e le famose mani giunte 🙏, che molti usano per chiedere qualcosa (come una preghiera), anche se in l’emojipedia specifica che, in realtà, è un “cinque”.
La lettura è molto più che un semplice passatempo: essa può influenzare profondamente il nostro benessere psicologico, in modi spesso…
Dato il grandissimo successo Panasonic Lumix S5, l'azienda orientale negli ultimi anni ha pensato di mettere a disposizione del pubblico…
Recenti scoperte scientifiche hanno portato nuove speranze per chi soffre della malattia di Huntington, nota anche come “danza di San…
Su Amazon le feste di Natale arrivano prima! Il noto e-commerce ha appena inaugurato il "Negozio di Natale". Al suo…
Il cinema è una forma d'arte che cattura l'attenzione dello spettatore attraverso storie, immagini e suoni, ma c'è molto di…
WhatsApp continua a portare in campo funzioni riguardanti gli aggiornamenti di stato. Scovate nell'ultima beta dell'app per dispositivi iOS, tracce…