In questi giorni, in Islanda, il vulcano Fagradalsfjall ha ripreso la sua attività d’eruzione dopo otto mesi di sonno, per fortuna finora senza alcun impatto negativo sulle persone o sul trasporto aereo. L’eruzione è stata prevista in quanto si trova in una zona sismica molto attiva ed è iniziata dopo proprio pochi giorni di attività sismica sulla superficie terrestre. Non è del tutto chiaro per quanto tempo questo fenomeno durerà, anche se lo scorso anno un’altra eruzione è durata per ben sei mesi.
Ciò che preoccupa molto gli esperti è che la causa probabile di queste più frequenti eruzioni sia il cambiamento climatico. Come sappiamo quest’ultimo sta causando il riscaldamento di tutto il nostro pianeta. Oltre a questo, ha anche il potenziale per aumentare l’attività vulcanica, influenzare la dimensione delle eruzioni e alterare l ‘” effetto di raffreddamento ” che segue le eruzioni vulcaniche.
Qualsiasi scenario tra quelli presentati può essere di una portata davvero devastante e noi non siamo ancora in grado di comprendere a pieno quale sia l’impatto del riscaldamento climatico sull’eruzioni vulcaniche. Come prima cosa è bene dare un’occhiata alle regioni vulcaniche ricoperte di ghiaccio. C’è un legame di lunga data tra lo scioglimento su larga scala del ghiaccio nelle regioni vulcaniche attive e l’aumento delle eruzioni. Uno studio sui sistemi vulcanici islandesi ha identificato un periodo davvero intenso di attività correlato allo scioglimento dei ghiacci su larga scala.
I tassi medi di eruzione sono risultati fino a 100 volte superiori dopo la fine dell’ultimo periodo glaciale, rispetto al precedente periodo glaciale più freddo. Le eruzioni erano anche più piccole quando la copertura del ghiaccio era più spessa. Tuttavia perché ciò avveniva? Ebbene, quando i ghiacciai e le calotte glaciali si sciolgono, la pressione viene rimossa dalla superficie terrestre e ci sono cambiamenti nelle forze che agiscono sulle rocce all’interno della crosta e del mantello superiore. Ciò può portare alla produzione di più roccia fusa, o “magma“, nel mantello, che può alimentare più eruzioni.
Ovviamente questi cambiamenti possono influenzare anche dove e come il magma viene immagazzinato nella grotta, rendendo il suo passaggio più facile nel raggiungere la superficie. La generazione di magma sotto l’Islanda è già in aumento a causa del riscaldamento del clima e dello scioglimento dei ghiacciai. Quindi sulla base di ciò che sappiamo dal passato, un aumento dello scioglimento dei ghiacci in Islanda potrebbe portare a eruzioni vulcaniche più grandi e frequenti. Tuttavia cosa succede nelle regioni vulcaniche che non sono ricoperte dai ghiacci? Anche esse possono essere influenzate dal cambiamento climatico?
Ciò potrebbe essere possibile; come sappiamo il il cambiamento climatico sta aumentando la gravità delle tempeste e di altri eventi meteorologici in molte parti del mondo. Questi eventi meteorologici possono innescare più eruzioni vulcaniche. Prevedere le eruzioni è già un compito incredibilmente complesso. Diventerà ancora più difficile quando inizieremo a tenere conto del rischio rappresentato dal maltempo che potrebbe destabilizzare parti di un vulcano. Esiste un’ulteriore aspetto, ossia anche i vulcani stessi possono influenzare il clima.
Un’eruzione può portare al raffreddamento o al riscaldamento, a seconda della posizione geografica del vulcano, della quantità e della composizione della cenere e del gas eruttati e dell’altezza del pennacchio nell’atmosfera. Con il riscaldamento del clima, la ricerca mostra che questo cambierà il modo in cui i gas vulcanici interagiscono con l’atmosfera. È importante sottolineare che il risultato non sarà lo stesso per tutte le eruzioni. Alcuni scenari mostrano che, in un’atmosfera più calda, eruzioni di piccole e medie dimensioni potrebbero ridurre l’effetto di raffreddamento dei pennacchi vulcanici fino al 75%.
Foto di David Mark da Pixabay
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