Dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) arrivano i risultati degli esperimenti condotti sulle cellule staminali del cuore nello spazio. Sembrerebbe che le cellule, portate sulla ISS dalla capsula Dragon di Space X, si comportino in maniera differente nello spazio rispetto alla Terra. Questa nuova scoperta potrebbe essere molto interessante nell’ottica di future missioni umane nello spazio, ad esempio su Marte.
L’esperimento, guidato dai ricercatori dell’università californiana di Stanford e coordinato da Joseph Wu, dimostra dunque che il cuore batte in modo differente nello spazio. Secondo quanto affermato da Wu, i ricercatori sono rimasti sorpresi ed affascinati da quanto il cuore umano, o meglio le sue cellule, siano in grado di adattarsi in modo molto veloce, allo spazio e alla microgravità della ISS.
Si tratta dunque di uno studio molto importante, ed il primo nel suo genere. Secondo quanto dichiara Wu, questo è di fatto il primo esperimento che “utilizza le cellule staminali indotte dall’uomo per studiare gli effetti del volo spaziale sulla funzione del cuore umano”.
L’esperimento è stato condotto nello specifico su cellule staminali del cuore, ottenute attraverso la riprogrammazione di cellule del sangue, che sono state rese pluripotenti (ovvero in grado di svilupparsi in diverse direzioni). Un gruppo di queste cellule è stato mantenuto per 5 settimane e mezzo sulla ISS, mentre un gruppo di controllo è stato analizzato allo stesso tempo sulla Terra. In questo modo i ricercatori hanno potuto studiare come la microgravità potrebbe influire sulle funzioni del cuore umano.
Dopo le oltre 5 settimane di permanenza sulla ISS, le cellule cardiache sono rientrate sulla Terra per essere analizzate. I ricercatori hanno scoperto che le cellule avevano una struttura del tutto normale, ma le loro funzioni fisiologiche risultavano alterate. In particolar modo avevano modificato il loro ciclo di calcio e il battito per adattarsi alle condizioni di microgravità.
Anche l’attivazione dei diversi geni delle cellule è risultata alterata. Più di 2600 geni risultavano essersi attivati con velocità diverse rispetto a quelle sulla Terra, sia dopo che durante il loro viaggio nello spazio. L’aspetto più sorprendente della ricerca è che queste alterazioni non sono permanenti. Dopo circa 10 giorni dal loro rientro sulla Terra, le cellule cardiache, hanno ripreso tutti i valori normali.
Questo esperimento, pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports, potrebbe essere quindi un punto di svolta nella ricerca che un giorno potrà portare l’uomo nello spazio.
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