Secondo un recente studio i visori per la realtà virtuale possono essere utilizzati per individuare in anticipo le persone che potrebbero sviluppare in futuro il morbo di Alzheimer.
Questo tipo di dispositivi possono infatti essere utilizzati per eseguire dei test, mostrando delle immagini che possano indagare le abilità di orientamento delle persone che sono ritenute a rischio della malattia. Coloro che otterranno punteggi bassi in questo tipo di test, saranno più predisposti nello sviluppare questa malattia.
Individuare in anticipo la possibilità di insorgenza della malattia, può essere di aiuto se saranno scoperti trattamenti in grado di rallentare o arrestare il progredire del morbo.
Lo studio sulla prevenzione della malattia attraverso i visori per la realtà virtuale
Come spiega Dennis Chan, un neuroscienziato dell’Università di Cambridge, non è la memoria la prima ad essere colpita dal morbo di Alzheimer, ma il senso dell’orientamento, la perdita del quale può precedere gli altri sintomi.
Fu sempre Chan a scoprire che la perdita dell’orientamento poteva essere correlata con la malattia di Alzheimer, per il cui esperimento utilizzarono dei tablet.
Oggi invece per progredire nella loro ricerca, il team di ricercatori ha deciso di avvalersi dell’utilizzo dei visori per la realtà virtuale.
Lo studio è stato effettuato su un campione di 300 persone, tra i 40 e 60 anni.
Alcune di queste persone avranno un gene che li renderà potenzialmente a rischio della malattia, altre invece provengono da una famiglia in cui ci sono stati casi di Alzheimer. Lo scopo della ricerca di Chan, sarà quello di scoprire chi tra queste persone, tutte potenzialmente a rischio, svilupperà la malattia. Cercheranno quindi di mettere a punto un modo per individuare i cambiamenti nella funzione cerebrale, prima che inizi a svilupparsi la malattia.
Nella ricerca il team ha individuato una piccola zona nel cervello, nota come corteccia entorinale, responsabile dell’orientamento, che sembrerebbe essere la prima colpita dalla degenerazione causata dal morbo.
Dopo aver indossato i dispositivi per la realtà virtuale, ai partecipanti verrà chiesto di orientarsi in una serie di ambienti diversi e di ricordarne i dettagli. Si prenderanno quindi nota di particolari problemi eventualmente riscontrati, per cercare di capire quali saranno poi sintomatici dell’insorgere della patologia.
L’obiettivo di questa ricerca è quello di trovare un trattamento che possa prevenire l’insorgenza della malattia nei soggetti a rischio.
Chan ha infatti affermato che “ad oggi, i test per trattamenti per l’Alzheimer, sono stati applicati quando le persone avevano già sviluppato la demenza, ovvero quando si è già verificato un notevole danno cerebrale. Se invece possiamo sviluppare farmaci e somministrarli prima che la malattia si sia estesa oltre la corteccia entorinale, questo potrebbe permettere di prevenire l’insorgenza della demenza”.