L’espressione “burn-out” è spesso utilizzata per descrivere la sensazione di essere “maltrattati” fisicamente ed emotivamente, ma ora è stata riconosciuta come una vera e propria condizione medica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha aggiunto la “sindrome da burn-out” alla Classificazione Internazionale delle Malattie, il che significa che diventerà una condizione medica riconosciuta a livello mondiale nel 2020.
L’OMS definisce il burn-out come “una sindrome concettualizzata come conseguenza di stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo”. I sintomi includono sensazioni di esaurimento o esaurimento di energie, aumento della distanza mentale dal proprio lavoro o sentimenti di negativismo o cinismo relativi al proprio lavoro e riduzione dell’efficacia professionale.
Tuttavia, la locuzione può essere utilizzato senza cadere in errore solo quando questi sintomi sono vissuti in un ambiente di lavoro, secondo l’OMS. “Il burn out si riferisce specificamente ai fenomeni nel contesto occupazionale e non dovrebbe essere applicato per descrivere esperienze in altri ambiti della vita”, ha dichiarato l’Organizzazione.
Si tratta di un evento molto significativo, essendo questa la prima volta che il burn-out è stato classificato come una condizione medica da un organismo sanitario ufficiale. In origine, l’espressione “sindrome del burnout” fu coniata dallo psicologo di origine tedesca Herbert Freudenberger, che ha usato il termine in un suo studio del 1974, nel quale ha ampiamente discusso di questa condizione.
Freudenberger analizzò il fenomeno dopo averlo osservato in alcuni dei suoi colleghi e amici, che si definivano “bruciati“, scarichi di energie fisiche e mentali, condizioni che in seguito, sembrò aver sperimentato anche su se stesso. Lo psicologo descrisse lo stato di esaurimento come una condizione in cui si sta chiedendo un impiego di energie, forza e risorse al nostro corpo in misura eccessiva, in particolare mentre ci si trova sul posto di lavoro.
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