La teoria della relatività generale, formulata da Albert Einstein più di 100 anni fa, potrebbe essere confermata dall’orbita di una stella attorno al gigante cuore oscuro della nostra galassia, il buco nero supermassiccio Sagittarius A*.
A rivelarlo è uno studio condotto dalla professoressa Andrea Ghez della University of California (UCLA) con la collaborazione del collega Tuan Do, pubblicato su Science. La loro ricerca confermerebbe la teoria del fisico teorico più famoso al mondo, grazie all’orbita che la stella S0-2 compie attorno al buco nero al centro della Via Lattea. Per percorrere la sua orbita S0-2 impiega 16 anni e lo studio della prof.ssa Ghez è basato sulla raccolta di 22 anni di dati ed osservazioni di questa stella.
I dati ricavati dal Keck Observatory delle Hawaii
Le osservazioni sono state effettuate dal Keck Observatory delle Hawaii in un arco di tempo tra il 1995 ed il 2017. Per realizzarli è stato impiegato uno spettrografo costruito presso la UCLA. I dati sono poi stati integrati e confrontati con altri raccolti invece durante lo scorso anno, registrati in momenti particolari dell’orbita di S0-2 come la sua minima distanza dal buco nero. In questo preciso momento è stata registrata una velocità della stella, che si trovava a 120 UA da Sagittarius A*, pari a circa il 2,7% di quella della luce.
Studiando la posizione della stella e confrontando i dati spettrografici del corpo celeste con i punti dell’orbita della stella, i ricercatori sono giunti a delle conclusioni molto interessanti. Oltre a ricostruire l’intera orbita della stella nella mappa tridimensionale, i ricercatori hanno infatti anche confermato l’esistenza di due degli effetti della teoria della relatività su un corpo che è sottoposto ad una forte forza gravitazionale: l’effetto doppler relativistico ed il redshift gravitazionale.
Le osservazioni che confermano la teoria della relatività generale
Nello spettro della stella S0-2, soggetta all’estrema forza gravitazionale del buco nero, è stato infatti osservato uno spostamento della luce stellare verso lunghezze d’onda diverse rispetto a quelle osservate dall’origine della stella. Questo spostamento verso lunghezze d’onda del rosso è infatti il risultato dei due effetti relativistici sopra citati. L’effetto doppler relativistico sposta infatti le lunghezze d’onda della luce verso il blu o verso il rosso a seconda del movimento della sorgente luminosa. Il redshift gravitazionale provoca invece uno spostamento della luce verso il rosso. Dovuto all’allontanamento della sorgente luminosa da un corpo compatto e molto grande, che possiede quindi una grande forza gravitazionale, come per l’appunto un buco nero supermassiccio.
Secondo lo studio della prof.ssa Ghez, i dati osservati sarebbero del tutto compatibili con quelli ricavati dall’applicazione della teoria della relatività generale ad una stella del tipo di S0-2 che orbita attorno ad un buco nero della massa di Sagittarius A°.
Un banco di prova per confutare la teoria della relatività generale
Secondo la professoressa Ghez, l’orbita completa di S0-2 in 3D, potrebbe quindi essere un ottimo banco di prova per confutare la teoria della relatività generale. Come ha infatti affermato: “Questo ci dà il biglietto d’ingresso ai test della relatività generale. Ci siamo chiesti come si comporta la gravità vicino a un buco nero supermassiccio, e se la teoria di Einstein basta a fornire la visione completa. Vedere le stelle completare la propria orbita fornisce la prima opportunità di testare la fisica fondamentale usando i movimenti di queste stelle”.
Gli studi del suo team continueranno quindi in questa situazione e a breve potrebbero essere studiate anche le orbite di altre stelle attorno al medesimo buco nero, come ad esempio S0-102, la più veloce delle stelle attorno a Sagittarius che, completando la sua orbita in “appena” 11 anni, permette dei tempi di osservazioni più brevi e più rapportabili alla vita umana.