Il cambiamento climatico e la conseguente perdita o modifica di habitat, rende sempre più necessario il trasferimento di specie minacciate in aree simili al loro habitat dove si spera possano sopravvivere, nonostante il tasso di successo spesso basso. Un nuovo studio supporta questa una nuova strategia di conservazione mostrando che le tartarughe con molte variazioni genetiche hanno più probabilità di sopravvivere dopo il loro trasferimento.
La ricerca supporta questo strumento di conservazione veloce ed economico e ribalta le conoscenza convenzionali che suggeriscono che le tartarughe provenienti da aree vicine abbiano più probabilità di sopravvivere.
Questo studio, un imponente esperimento involontario di conservazione degli animali, che mostra un risultato inaspettato, è stato condotto nell’arida Ivanpah Valley del Nevada, appena a sud-est di Las Vegas.
Dal 1997 al 2014, l’US Fish and Wildlife Service ha spostato più di 9.100 tartarughe del deserto del Mojave nel sito di traslocazione su larga scala di 100 chilometri quadrati. I nuovi arrivati, molti dei quali erano animali domestici abbandonati o erano nati in cattività, si sono uniti quindi alle quasi 1.500 tartarughe del deserto che già vivevano in queste aree.
Questo nuovo studio dell’UCLA, non ha trovato alcuna connessione tra il luogo di origine delle tartarughe e le loro possibilità di sopravvivenza. Contrariamente alla diffusa convinzione che le più alte possibilità di sopravvivenza siano da imputarsi alla vicinanza del luogo da cui provengono le tartarughe, rispetto alla destinazione finale.
Secondo questa ricerca infatti la maggiore probabilità di sopravvivere delle tartarughe dopo il loro trasferimento, dipenderebbe dall’abbondanza di variazioni genetiche degli esemplari, come ha affermato l’ecologo della conservazione dell’UCLA Brad Shaffer, autore senior dello studio.
Come la maggior parte degli organismi, le tartarughe hanno due copie del loro intero genoma, di cui ogni copia proviene da ogni genitore. Più queste copie differiscono l’una dall’altra, maggiore è l’eterozigosità dell’organismo.
I ricercatori hanno confrontato le tartarughe traslocate che sono vissute o morte nello stesso periodo di tempo dopo essere state trasferite nel sito. Dall’analisi dei dati hanno scoperto che gli esemplari sopravvissuti avevano in media il 23% di eterozigosi maggiore rispetto a quelli che invece sono morti. In poche parole, le tartarughe con più variazioni genetiche avevano tassi di sopravvivenza più elevati.
Secondo Shaffer, professore di ecologia e biologia evolutiva e direttore del La Kretz Center for California Conservation Science dell’UCLA, “il trasferimento di piante e animali in via di estinzione è sempre più necessario per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, e questo studio ci fornisce un nuovo strumento per aumentare i tassi di sopravvivenza”.
Sebbene la relazione tra eterozigosi e sopravvivenza sia stata ben supportata dallo studio, non è chiaro il motivo per cui una maggiore variazione genetica sia legata ai tassi di sopravvivenza, come ha affermato l’ex studente post-dottorato dell’UCLA Peter Scott, principale autore dello studio e assistente professore presso la West Texas A&M University.
Scott ritiene che “potenzialmente, gli individui con una maggiore eterozigosi hanno una maggiore flessibilità genomica. È probabile che le tartarughe con più variazioni abbiano maggiori possibilità di avere una copia di un gene che funziona davvero bene in ambienti stressanti o nuovi rispetto a quegli individui con due copie identiche che funzionano in modo ottimale solo nel loro ambiente di origine”.
Ma per avere una risposta certa e comprendere a pieno perché le tartarughe con più variazioni genetiche hanno una maggiore probabilità di sopravvivenza, e precisamente quanto un aumento della variazione genetica migliora le probabilità di sopravvivenza di una tartaruga, sono necessari ulteriori studi che possano chiarire i dettagli ed i meccanismi di quanto osservato in questa ricerca.
Foto di Joey Velasquez da Pixabay
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