Uno studio ha dimostrato che l’intelligenza artificiale è in grado di diagnosticare i tumori cerebrali in modo più accurato rispetto ad un ordinario patologo. La tecnologia di apprendimento automatico è infatti risultata leggermente più accurata di una diagnosi tradizionale, solo dell’1% in più, ma i risultati sono stati disponibili in meno di due minuti, contro i 30 normalmente necessari ad un medico per effettuare la diagnosi. Lo studio pone l’accento sulla velocità e l’accuratezza della diagnosi a mezzo di intelligenza artificiale in particolar modo per la chirurgia del cervello, consentendo ai chirurghi di rilevare e rimuovere tessuti tumorali altrimenti non rilevabili.
Si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di studi sull’intelligenza artificiale applicata in ambito sanitario. Per la verità, era già stato riportato che un’intelligenza artificiale elaborata da Google aveva diagnosticato alcuni casi di cancro al seno, risultando molto più accurata ed evitando i falsi positivi. Sir Simon Stevens, dirigente del Servizio Sanitario Nazionale in Inghilterra, ha dichiarato di voler rendere questo ente leader nel settore dell’intelligenza artificiale in ambito medico per smaltire fino a 30 milioni di appuntamenti ambulatoriali, risparmiando al servizio sanitario circa 1 miliardo di sterline.
In questo ultimo studio, i ricercatori della School of Medicine della New York University e del Langone Hospital hanno usato la luce laser sul tessuto tumorale per identificare il cancro. Hanno poi “addestrato” una rete neurale computerizzata utilizzando oltre 2,5 milioni di campioni provenienti da 415 pazienti suddivisi in 13 categorie, per rappresentare tumori cerebrali comuni come glioma maligno, linfoma, tumori metastatici e meningioma. Daniel Orringer, professore di neurochirurgia presso la Grossman School of Medicine della New York University, ha dichiarato: “Come chirurghi, siamo costretti ad agire solo su ciò che possiamo vedere; questa tecnologia ci consente di andare oltre e migliorare la velocità e la precisione in sala operatoria, riducendo il rischio di diagnosi errate“.
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