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Little Foot e il nuovo dibattito sulla evoluzione della specie umana

La teoria dell’evoluzione continuerà a rimanere una teoria per diversi motivi e uno di questi è proprio il fatto che la linea evolutiva non è completa e la lista degli ominidi continua ad allungarsi . Lo studio dei resti molte volte risulta difficile e le cause principali sono ovviamente lo stato di conservazione come nel caso di Little Foot.

Questo particolare ominide, Piccolo Piede in italiano, è stato scoperto più di 20 anni fa in una grotta nel Sudafrica. L’analisi è andata avanti a rilento per via del guscio di pietra che lo racchiudeva; riuscire a liberarlo senza rovinare le ossa è risultato un processo lungo e complicato. In ogni caso l’analisi fatta è stata spiegata in quattro diversi articoli pubblicati dal paleoantropologo Ronald Clarke.

 

Australopithecus prometheus

Questo è il nome della specie proposta per il ricercatore per questo particolare ominidi; l’altra possibilità sostenuta da altre figure è invece Australopithecus africanus. Quest’ultima è una specie già nota, ma Little Foot è da considerare il primo del suo genere. L’A. prometheus è stato ipotizzato nel 1948, ma venne accantonato già nel 1955; con la comparsa di tali resti, o meglio l’analisi, Clarke ha voluto riproporre tale etichetta.

L’ominide è una femmina adulta integra quasi al 90%. Apparentemente è vissuta almeno un milione di anni fa proprio accanto all’A. africanus per almeno alcune centinaia di migliaia di anni. Questo aspetto e i dati proposti dalle ossa sono per molti altri esperti la prova che non si tratti di una specie a se stante.

La particolarità degli arti di Little Foot indica la capacità di camminare rette, ma che predilige scalare e muoversi sugli alberi. L’aspetto è molto simile ad un altro Australopithecus ovvero l’afarensis il quale è vissuto circa 3,6 milioni di anni fa. Quest’ultimo ha vissuto in Africa orientale e questo indica come due ominidi diversi si siano evoluti in modo diverso nella stessa epoca.

Giacomo Ampollini

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