L‘esposizione al sole dei sacchetti di plastica crea decine di migliaia di nuovi componenti chimici che possono dissolversi in acqua, in un processo molto veloce. Il danno ambientale dei sacchetti di plastica è già ben noto, ma un nuovo studio ha dimostrato che le microplastiche potrebbero non essere nemmeno la peggiore conseguenza del processo di degradazione dei sacchetti.
Uno studio condotto da ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institute ha concluso che la luce solare non solo rompe la plastica, ma può anche convertire i polimeri di base e gli additivi in una miscela di nuove sostanze chimiche, in un processo che sta già iniziando a mostrare risultati dopo meno di 100 ore di esposizione al sole.
Nonostante i progressi degli ultimi anni nella riduzione del consumo di plastica monouso e la legislazione per combattere lo spreco di sacchetti, ci sono ancora molti modi in cui questi prodotti finiscono nelle discariche e negli oceani invece di essere riciclati.
Un recente studio prevede il collasso degli ecosistemi oceanici entro 25 anni a causa dell’aumento degli acidi nelle acque. Diverse indagini nel corso degli anni hanno inoltre dimostrato che esiste la possibilità che le plastiche possano diventare materiali ancora più dannosi se esposte al sole, come nuovi polimeri o particelle chimiche ancora più piccole che si dissolvono più facilmente e possono essere trasportate dal vento.
Tuttavia, ciò che non era noto fino ad ora era l’enorme diversità di sostanze chimiche che un sacchetto di plastica può creare durante la “cottura” al sole. I ricercatori hanno analizzato diversi campioni di sacchetti che sono stati posti in bicchieri sterili riempiti con una soluzione ionizzata, per simulare l’immersione in acqua di mare. La metà dei bicchieri è rimasta in un cassetto al riparo dalla luce per sei giorni, mentre il resto è stato posto in una camera a temperatura controllata per cinque giorni, essendo costantemente esposto alle radiazioni per imitare gli effetti della luce solare.
Il primo gruppo ha rilasciato una piccola quantità di componenti organici nella soluzione, ma i bicchieri esposti alle radiazioni erano pieni di nuove sostanze chimiche. L’intero processo è almeno dieci volte più complesso di quanto i chimici considerassero in precedenza e include materiali che non erano nemmeno percepiti come un problema.
“È incredibile pensare che la luce solare possa scomporre la plastica, che è essenzialmente un componente che in genere contiene alcuni additivi, con decine di migliaia di componenti che si dissolvono in acqua. Dobbiamo pensare non solo all’impatto delle plastiche iniziali, ma anche alla trasformazione di questi materiali”, afferma il chimico Collin Ward.
Ciò che resta ora è capire l’impatto di queste sostanze chimiche sull’ambiente: in piccole quantità, potrebbero non essere molto dannose, ma con l’aumento dell’accumulo di microplastiche nel mare, le concentrazioni possono salire a livelli dannosi per la natura e il ambiente.
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