L’origine dell’Universo è una delle domande che ripercuote da sempre la mente umana. Questo ha portato alla nascita di molte religioni, grazie alle quali le persone credenti ritengono che tutto sia creato da una o più divinità. Per gli scienziati e prettamente atei invece la nostra galassia è nata con un’esplosione e successiva condensazione di particelle: il Big Bang.
Sin da sempre sono state numerose le persone che hanno cercato di rispondere a questa domanda e altrettanto i progetti e le ricerche su questo tema ma ancora la mente umana non è riuscita a capire il meccanismo della creazione. Come, da chi, perché sia esistita la prima forma vivente, sia essa una cellula, un uomo, un animale, una pianta.
L’esperimento quantico spagnolo
In una macchina quantica sono stati depositati dei qubit rappresentati singoli organismi viventi. All’interno del computer i qubit erano in grado di vivere, riprodursi e morire. Dovevano quindi stare alle leggi dell’evoluzione Darwiniana. Non un’evoluzione pura come scoperta dallo scienziato Darwin ma adattata alle leggi quantiche, con algoritmi e informatica quantistici.
Per fare ciò i ricercatori dell’Università del Paese Basco hanno utilizzato un computer quantico IBM QX4 a cinque qubit sviluppato da IBM accessibile attraverso un cloud. I computer quantistici fanno uso di qubit, il cui valore di informazione può essere una combinazione di uno e zero. Questa proprietà, nota come sovrapposizione, esplica la potenza di elaborazione delle informazioni del computer quantico che è notevolmente maggiore rispetto ai computer classici.
Lo studio ha rivelato che la vita quantica è composta da due qubit (i componenti fondamentali della fisica quantistica): una per rappresentare il genotipo (il codice genetico passato tra generazioni) e uno per rappresentare il fenotipo (la manifestazione esteriore di quel codice).
I risultati dell’algoritmo quantistico
Questo algoritmo quantistico simulava i principali processi biologici come l’auto-replicazione, la mutazione, l’interazione tra individui e la morte a livello di qubit. Il risultato finale è stata una simulazione accurata del processo evolutivo che si sviluppa a livello microscopico ma si manifesta con una grande complessità macroscopica. La vita quindi potrebbe emergere dalla materia inanimata.
Per modellare l’autoreplicazione, l’algoritmo copiava il valore di aspettativa (la media delle probabilità di tutte le misurazioni possibili) del genotipo in un nuovo qubit attraverso l’entanglement, un processo legante i qubit in modo che le informazioni vengano scambiate istantaneamente tra loro. Per spiegare le mutazioni, i ricercatori hanno codificato le rotazioni casuali del qubit e applicate nell’algoritmo del genotipo.
Lo studio ha inoltre portato alla luce l’interazione tra l’individuo e il suo ambiente, che ha rappresentato l’invecchiamento e infine la morte. A questo punto il nuovo genotipo si autoreplica e trasferisce in un altro qubit le informazioni tramite entanglement. Infine, questi individui interagivano l’uno con l’altro, richiedendo quattro qubit (due genotipi e due fenotipi), ma i fenotipi interagivano e scambiavano informazioni solo se rispondevano a determinati criteri codificati nei loro qubit genotipici. L’interazione ha prodotto un nuovo individuo e il processo è iniziato di nuovo. In totale, i ricercatori hanno ripetuto questo processo più di 24.000 volte.
Ancora non si sa se l’origine dell’Universo sia proprio questa ma è un grande passo avanti per la verità e la scienza.