Foto di Daniel Roberts da Pixabay
L’Università di New Curtin ha confermato che la frequenza delle collisioni di asteroidi che hanno formato crateri da impatto su Marte è stata costante negli ultimi 600 milioni di anni. Lo studio ha analizzato oltre 500 grandi crateri marziani utilizzando un algoritmo di rilevamento dei crateri, che contano in modo autonomo quelli derivati da collisioni attraverso immagini ad alta definizione.
Studi precedenti suggerivano picchi nella frequenza delle collisioni di asteroidi, la nuova ricerca afferma che in passato questa frequenza non è variata per moltissimi anni. Conteggiare i crateri da impatto su una superficie planetaria è stato l’unico modo per datare eventi geologici e per prevedere le collisioni future.
Sulla Terra, l’erosione della tettonica a zolle cancella la storia del nostro pianeta. Studiare i corpi planetari del nostro Sistema Solare che conservano ancora la loro storia geologica primitiva, come Marte, ci aiuta a comprendere l’evoluzione del nostro pianeta. L’algoritmo di rilevamento dei crateri ci aiuta a comprendere in modo più approfondito la formazione dei crateri d’impatto, comprese le loro dimensioni e quantità, nonché i tempi e la frequenza delle collisioni degli asteroidi che li hanno creati.
Come già detto studi precedenti hanno suggerito che c’era un picco nei tempi e nella frequenza delle collisioni di asteroidi a causa della produzione di detriti. Quando grandi corpi si scontrano l’uno contro l’altro, si rompono in pezzi o detriti, il che si pensa abbia un effetto sulla creazione di crateri da impatto. Il nuovo studio mostra che è improbabile che i detriti abbiano provocato dei cambiamenti nella formazione dei crateri di impatto sulle superfici planetarie.
Il team che ha creato l’algoritmo hanno affermato che proprio quest’ultimo potrebbe essere adattato per funzionare su altre superfici planetarie, tra cui la Luna. La formazione di migliaia di crateri lunari può ora essere datata automaticamente e la loro frequenza di formazione analizzata a una risoluzione più elevata per studiarne l’evoluzione. Ciò fornirà informazioni che potrebbero avere future applicazioni pratiche nella conservazione della natura e nell’agricoltura, come il rilevamento di incendi boschivi e la classificazione dell’uso del suolo.
Foto di Daniel Roberts da Pixabay
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