Le pianta immagazzinano una grande quantità di sostanze naturali. Un esempio conosciuto a tutti è l‘anidride carbonica, ma ce ne sono anche altri impensabili, come il mercurio. Quest’ultimo è una sostanza pericolosa, una neurotossina in grado di andare ad alterare le capacità motorie creando anche problemi respiratori oltre che di memoria. Insomma, l’avvelenamento da mercurio è sconsigliabile. Il problema? I sempre più frequenti incendi a livello globale stanno liberando questa sostanza nell’aria.
È un problema anche per l’uomo, ovviamente. Il mercurio liberato finisce principalmente per accumularsi negli animali i quali poi finiscono spesso e volentieri sulle nostre tavole. In certi casi l’accumulo è molto grande. Nel momento in cui gli animali più piccoli finiscono per assorbire una certa quantità, poi quando vengono mangiati da un predatore, la sostanza passa a quest’ultimi e la concentrazione aumenta e così via. Un processo che due nomi, bioaccumulo e biomagnificazione.
Negli ultimi 150 anni, tra attività come l’estrazione mineraria o i sopracitati incendi, la liberazione del mercurio nell’atmosfera è triplicata. Una volta liberato non è detto che si depositi immediatamente nelle vicinanze del sito da cui era partito. Le particelle possono venire trasportate dal vento anche per mesi e finire ovunque.
Non è finita qui, apparentemente l’aumento delle temperature favorisce l’assorbimento della neurotossina nei sistemi idrici i quali a loro volta possono portare all’uomo, agli animali o alla vegetazione. In sostanza ci troviamo in una situazione non buona. Non ci sono ancora studi in merito, ma sarebbe interessante scoprire la quantità di mercurio liberato dagli incendi in Amazzonia e in Australia.
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