Il Guardian, in un suo rapporto, rivela che nel 2019 sono state rilasciate nell’ambiente circa 13,3 quadrilioni di microfribe, rilasciate dai tessuti. Tutti i tessuti infatti rilasciano delle minuscole particelle del materiale di cui sono composte, sia durante il lavaggio che quando le indossiamo. In particolare quello che si sta trasformando in un vero problema ambientale sono le microfibre dei tessuti sintetici, sostanzialmente infatti si tratta di microplastiche.
Le microfibre plastiche infatti costituiscono il 90% dell’inquinamento microplastico nell’Oceano Atlantico e sono facilmente ingerite dai minuscoli pesci e dal plancton che supportano l’intero ecosistema marino. La maggior parte delle microfibre plastiche arrivano nei mari e negli oceani soprattutto tramite le acque reflue dei paesi sviluppati.
I vestiti infatti rilasciano la maggior parte delle microfibre durante il lavaggio in lavatrice e molte di queste fibre sfuggono ai filtri, finendo infine nei corsi d’acqua e negli oceani e anche nei rubinetti delle nostre case, nella pioggia e nell’aria.
Secondo il dott. Brian Hunt, oceanografo e biologico dell’Università della British Columbia dovremmo cercare di evitare di usare indumenti e tessuti in poliestere “per ridurre le microplastiche nell’oceano. Diminuire la domanda di materiali sintetici ne ridurrebbe la produzione.”
Ma il problema principale non è solo nel tipo di tessuto. Ci sono infatti tessuti che richiedono lavaggi meno frequenti o fibre più naturali. Ma anche queste possono avere il loro risvolto negativo sull’ambiente. I tessuti naturali infarti potrebbero contenere sostanze chimiche derivate dalla loro produzione industriale, che potrebbero risultare anch’essi inquinanti per gli oceani.
Secondo Hunt infatti, il problema principale è legato all’esagerata quantità di abbigliamento che produciamo e acquistiamo. L’introduzione sul mercato di indumenti a buon mercato, spesso sintetici, ci ha infatti portato ad acquistare più del necessario, eccedendo spesso nel superfluo.
Per Hunt un principio della soluzione potrebbe essere rappresentato dall’implementazione da parte delle aziende di pratiche sostenibili lungo le loro catene di approvvigionamento, incluso lo sviluppo e l’utilizzo di tessuti sostenibili che non emettano microplastiche nell’ambiente.
Dal canto loro invece, i consumatori dovrebbero iniziare ad impegnarsi a moderare e ponderare gli acquisti, oltre che cercare di riusare, rivendere o donare i vestiti usati, magari acquistare nei negozi di articoli vintage. Sarebbe inoltre opportuno cercare di lavare meno frequentemente i nostri indumenti e prediligendo lavaggi brevi e con acqua fredda.
Con lo sforzo e l’innovazione, l’inquinamento da microfibra, tra gli altri mali ambientali causati dall’industria della moda in generale, può essere ridotto. Ogni volta che stiamo per acquistare un nuovo capo d’abbigliamento, dovremmo pensare a quei quadrilioni di fibre di microplastica che stanno avvelenando il nostro ambiente.
Foto di Markéta Machová da Pixabay
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