Molti fossili usati per scoprire la nascita della vita non sono veritieri

Un gruppo di scienziati ha scoperto il modo di distinguere i fossili autentici da quelli cosiddetti "falsi positivi"

fossili
Foto di Pete Linforth da Pixabay

Si pensa generalmente che la vita si sia evoluta in alcuni degli ambienti più estremi, come le prese d’aria idrotermali nelle profondità dell’oceano o le sorgenti calde che ancora bollono a Yellowstone. Molto di ciò che sappiamo sull’evoluzione della vita proviene dalla documentazione sulle rocce, che conserva rari fossili di batteri di miliardi di anni fa. Ma non sempre sono effettivamente veritieri. Per comprendere l’evoluzione sul nostro pianeta e per aiutare a trovare segni di vita sugli altri, gli scienziati devono essere in grado di capire e distinguere i reali dai “falsi positivi”.

 

L’esperimento sui fossili autentici

Alcuni esperimenti specifici di scienziati potrebbero aiutare a risolvere le discussioni su quali microfossili siano segni di vita precoce e quali no. Hanno dimostrato che sfere e filamenti fossilizzati, due forme batteriche comuni, fatti di carbonio organico (tipicamente associato alla vita) possono formarsi abioticamente (in assenza di organismi viventi) e potrebbero anche essere più facili da preservare rispetto ai batteri. “Un grosso problema è che i fossili hanno una morfologia molto semplice e ci sono molti processi non biologici che possono riprodurli”, dice Cosmidis, autore principale dello studio. “Se trovi uno scheletro completo di un dinosauro, è una struttura molto complessa che è impossibile riprodurre per un processo chimico”.

Il loro lavoro è stato stimolato da una scoperta accidentale. Mentre mescolavano carbonio organico e solfuro, notarono che si stavano formando sfere e filamenti e presumevano che fossero il risultato di attività batterica. Ma Cosmidis si rese presto conto che erano formati abioticamente. “Molto presto, abbiamo notato che queste cose assomigliavano molto ai batteri, sia chimicamente che morfologicamente”, dice.

“Iniziano ad apparire come un residuo sul fondo del vaso sperimentale”, dice la ricercatrice Christine Nims, “ma al microscopio si potevano vedere queste bellissime strutture che sembravano microbiche. E si sono formate in queste condizioni molto sterili, quindi le caratteristiche sono nate essenzialmente dal nulla. È stato un lavoro davvero emozionante”.