Quasi venticinque anni fa, quindi nel lontano 1994, un terremoto di magnitudo 8,2 colpì la Bolivia. Per fortuna questo evento catastrofico si registrò in un’area scarsamente popolata mentre l’epicentro si registrò ad una profondità di oltre 600 chilometri sotto il livello del mare. Nonostante la forza alla fine è stato catalogato come un evento com un altro e non sono stati fatti studi in merito, almeno fino ad’ora.
Apparentemente un gruppo di esperti ha voluto analizzare i dati registrati di tale evento e hanno fatto una scoperta sensazionale dal punto di vista geologico. Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Science da parte del team dell’Università di Princeton, parla del ritrovamento di montagne sotterranea in quella che è nota come zona di transizione. Questo particolare luogo si trova tra gli strati già conosciuti della parte interna della Terra.
La ricerca ha indicato la presenza di particolarità incongruenze note come rugosità in questa zona ad una profondità tra i 410 e i 610 chilometri. Non potendo fisicamente guardare all’interno della Terra sono stati analizzate le onde e sono stati ricostruiti i rimbalzi fatti, come in un sonar. Grazie al supercomputer dell’università noto come Tiger e il risultato è stato trovare dei picchi messi sottosopra rispetto alla zona di transizione; secondo gli scienziati queste formazioni sono più grosse di qualunque cosa presente sulla superficie.
Ecco una dichiarazione di uno degli scienziati: “Sappiamo che quasi tutti gli oggetti hanno rugosità superficiale e quindi diffondono luce. Ecco perché possiamo vedere questi oggetti: le onde di dispersione portano le informazioni sulla ruvidità della superficie. In questo studio, abbiamo studiato che le onde sismiche di un terremoto viaggiano all’interno della Terra per limitare la rugosità del confine terrestre di 660 km.”
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