Gli ingegneri della Vanderbilt University, negli Stati Uniti, hanno sviluppato e costruito un esoscheletro in grado di ridurre l’affaticamento muscolare da circa il 29% al 47%. Questo esoscheletro può rivoluzionare il modo in cui si sentono alcuni lavoratori del settore, come quelli che lavorano nel campo medico o i lavoratori in prima linea che stanno in piedi per molte ore e devono sostenere carichi di peso. D’altra parte, può anche essere utile per chi si siede a un tavolo e deve alzarsi e muoversi regolarmente o raccogliere oggetti.
Il team della Vanderbilt University, guidato dall’assistente professore di ingegneria meccanica, Karl Zelik, ha utilizzato tecniche di elettromiografia di superficie per misurare i cambiamenti nell’affaticamento muscolare lombare e ha chiesto ai partecipanti allo studio di eseguire determinati compiti fisici con e senza l’esoscheletro.
Questo processo non richiede un motore o batterie per funzionare: dipende semplicemente da forze ausiliarie discrete ed elastiche che lavorano insieme ai muscoli della parte bassa della schiena. Gli elastici funzionano in modo simile al muscolo del dorso, che subentra quando i muscoli della schiena sono troppo stanchi per funzionare correttamente. “Quando i muscoli lombari di una persona diventano tesi e stanchi, chiedono ai muscoli dorsali un aiuto extra per alleviare la tensione e l’affaticamento della schiena. Gli elastici sul nostro esoscheletro funzionano allo stesso modo per aiutare a mantenere la forza“, ha spiegato Erik Lamers, l’autore principale dello studio.
Questo esoscheletro tiene conto delle differenze tra il corpo maschile e quello femminile. Secondo Zelik, “una delle sfide critiche in futuro sarà garantire che tutta la tecnologia indossabile sia sviluppata per servire e proteggere donne e uomini“. Le organizzazioni e le università creano esoscheletri per aiutare diversi gruppi di persone che cercano di ottenere risultati diversi.
Questo studio è stato pubblicato alla fine di settembre sulla rivista scientifica Scientific Reports.
Ph. credit: Vanderbilt University
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