Lo scioglimento di una lastra di ghiaccio in Norvegia ha permesso la scoperta di alcuni manufatti dell’era vichinga perfettamente conservati. Il luogo era stato precedentemente studiato dagli archeologi nel 2011 rinvenendo una tunica di lana appartenente al terzo o quarto secolo d.C. Ora il ghiaccio si è ritirato significativamente esponendo diversi manufatti tra cui dei guanti lavorati a maglia, scarpe di cuoio e frecce piumate.
Ad eccezione di alcuni oggetti risalenti al 2000 d.C., la maggior parte dei reperti risalgono all’era vichinga, quando il commercio e la mobilità nella regione erano al culmine. Gli archeologi l’hanno descritto una “scoperta da sogno”.
“Sono manufatti che sono stati congelati più 1.000 anni fa. Il tessuto di alcuni reperti è quasi perfettamente conservato e abbiamo trovato frecce con ancora le piume perfettamente incollate. Si tratta di reperti piuttosto notevoli.”, ha affermato James Barrett, archeologo medievale e ambientale dell’Università di Cambridge.
Un ritrovamento di “tesori” vichinghi
Delle centinaia di scoperte rinvenute in seguito allo scioglimento del ghiaccio, alcune sono strutturali, come i resti di un piccolo rifugio. Altri reperti sono i prodotti che venivano trasportati dagli agricoltori locali verso i loro pascoli estivi, o dai commercianti verso luoghi esterni.
Tra questi ci sono oggetti delicati come un piccolo pezzo di legno tornito per un agnello, una rocca scolpita per filare la lana e persino uno sci dell’età del bronzo. Lo scioglimento ha rivelato anche un oggetto che gli archeologi hanno identificato come una racchetta da neve per cavalli.
Al di là dell’incredibile scoperta, ha affermato Barret “ciò che è veramente importante archeologicamente non sono i singoli oggetti, ma la storia che questi possono raccontare”.
Grazie alla fusione su larga scala nel 2019, la maggior parte del ghiaccio di Lendbreen si è ritirato, il che significa che presto non rimarrà più nulla da scoprire, ha affermato Barrett. “D’altra parte, ci sono molte macchie di ghiaccio nelle alte quote, quindi ce ne sarà sempre un’altra.”
Le scoperte del team sono state pubblicate nella rivista Antiquity.