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Pink Floyd: l’alone di mistero dietro Dark Side of the Moon

L’album Dark Side of The Moon dei Pink Floyd fa ancora discutere a quasi cinquant’anni di distanza dalla sua pubblicazione. L’opera è sempre stata al centro di un fitto alone di mistero, e la sua popolarità ha consacrato in eterno l’iconico gruppo rock. Rilasciato nel 1973, l’album ha venduto ad oggi oltre 60 milioni di copie e ha presenziato nella Billboard 200 per oltre 973 settimane, instaurando un record di permanenza impressionante. Dark Side of the Moon è considerato tutt’oggi “il” capolavoro dei Pink Floyd.

L’album oltre a riscuotere un successo commerciale fuori dal comune, sancì il punto di svolta definitivo per la rock band britannica. D’altro canto i Pink Floyd sono sempre stati considerati dei ribelli, una band fuori dagli schemi, ma con Dark Side of the Moon sfoggiarono per la prima volta un Progressive Rock all’avanguardia sia a livello sonoro che strumentale.

Gli strani frammenti parlati di Dark Side of the Moon

L’album è diventato celebre per accompagnare l’ascoltatore in una sorta di viaggio onirico interiore. Il disco include infatti dei frammenti parlati che vanno ad aggiungere un contesto narrativo il cui effetto drammatico sconvolge ancora oggi. L’idea del bassita del gruppo, Roger Waters, era quella di registrare alcune interviste fatte ai membri dello staff di Abbey Road. Queste toccavano argomenti banali sul quotidiano fino ad arrivare a tematiche piuttosto forti come la violenza, la morte e la pazzia.

Il bassista scrisse le domande su dei cartoncini e le mise capovolte su un tavolo; la crew tranne la rock band venne quindi chiamata a leggere ogni carta mentalmente e dare poi la risposta al microfono. Tra gli intervistati ci fu anche Paul McCartney che era lì nel palazzo di Abbey Road per ultimare le incisioni del disco dei Wings, Red Rose Speedway. Waters lo intervistò, ma le risposte non furono usate poiché McCartney risultò troppo riservato e impostato. “Si era convinto che fosse necessario recitare, il contrario di quello di cui avevamo bisogno. Cercava di essere divertente”, ha raccontato il bassista dei Pink Floyd al biografo John Harris.

Il mistero dietro gli ultimi 30 secondi di Eclipse

Nonostante tutto la musica di Paul McCartney comparì comunque all’interno di Dark Side of the Moon. Ascoltando attentamente la traccia di chiusura del disco, Eclipse, possiamo infatti notare un passaggio della versione orchestrale del classico dei Beatles, Ticket To Ride. La band ascoltava il pezzo mentre registrava l’intervista al portinaio di Abbey Road, Gerry O’Driscoll. Secondo quanto raccontato da Nick Mason, l’irlandese fu la vera star che a quanto pare non solo diede vita ai versi immortali che chiudono il disco, ma contribuì a decidere il titolo definitivo dell’album (inizialmente doveva chiamarsi Eclipse).

“Gerry O’Driscoll, il portiere irlandese del palazzo, fu senza dubbio la vera star. Ci raccontò un torrente in piena di barzellette e di saggezze popolari, venate da una punta di malinconia. La sua voce chiude l’album sulla dissolvenza di ‘Eclipse’ e la sua battuta ‘There is no dark side in the moon. Matter of fact, it’s all dark’ contribuì a farci decidere il titolo definitivo dell’album”, ha raccontato il batterista.

Dopo tutte le teorie e complotti che si sono susseguiti in quasi cinquant’anni di vita dell’album, ora l’arcano è stato finalmente svelato.

Marco Inchingoli

Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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