Quasi tutti noi mangiamo animali di origini marina, in un modo o in un altro. Tutti noi quindi mangiamo frammenti minuscoli di plastica, non importa il trattamento che l’animale ha ricevuto. Sempre più studi sottolineano come questi animali ne sono pieni, come una recente ricerca condotta in un mercato del pesce in Australia.
I ricercatori hanno preso in esame cinque specie di pescato diverse: cinque granchi blu selvatici, dieci gamberi tigre d’allevamento, dieci calamari selvatici, dieci ostriche d’allevamento e dieci sardine selvatiche. La divisione tra le specie selvatiche e quelle d’allevamento è importante perché indica che la situazione è uguale per entrambi i casi. In sostanza, sono state trovate tracce i plastica in ogni campione analizzato.
Le parole di Francisca Ribeiro, autore principale dello studio: “Considerando una porzione media, un mangiatore di pesce potrebbe essere esposto a circa 0,7 milligrammi di plastica quando ingerisce una porzione media di ostriche o calamari e fino a 30 mg di plastica quando mangia sardine, rispettivamente. Per confronto, 30 milligrammi è il peso medio di un chicco di riso.”
Si tratta di un fenomeno recente anche se l’inquinamento dei mari va avanti da decine di anni. È recente perché i rifiuti ci hanno messo tutto questo tempo per ridursi in queste particelle minuscole. Gli esperti non sanno ancora quali possono essere gli effetti a lungo termine sulla salute dell’uomo. È un problema sempre più grave e a cui presto dovremo fare i conti, soprattutto quelle popolazioni che si basano sul consumo di animali marini.
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