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Propulsione elettromagnetica, l’esercito USA ha probabilmente realizzato i motori delle navi di Star Wars

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Mettiamo le mani avanti subito: quando si parla di EM Drive (o Emdrive a seconda dei canali), siamo nella speculazione più spinta. Un EM Drive dovrebbe essere una turbina elettromagnetica che sfrutta le microonde che si formano in un campo magnetico polarizzato per produrre una spinta.

Se pensate che quello che ho appena scritto non abbia senso, ebbene sono d’accordo con voi, e sia la termodinamica che le leggi di Newton e tutta la fisica classica ci sostengono.

Attualmente si usano turbine elettromagnetiche per lo più in via sperimentale, ed il loro utilizzo prevede comunque l’espulsione di un gas per generare una spinta; una “turbina elettromagnetica” (passatemi il termine) quindi serve semplicemente a sfruttare con molta più efficienza il combustibile, ma il principio per cui si genera la forza non è eccessivamente distante da quello alla base dei motori a reazione.

La NASA sta studiando la propulsione elettromagnetica da anni, ed ha anche teorizzato un modo per sfruttare il campo magnetico dei pianeti come spinta propulsiva. Non esistono però risultati effettivamente utilizzabili in questo senso. L’EM Drive però va oltre: non ha bisogno di una reazione chimica (come i razzi) o di un’azione fluidodinamica (come l’elica di un aereo) per generare una spinta, ma avrebbe bisogno solo di energia elettrica.

Anche in questo caso “parrebbe” (e le virgolette sono gigantesche) che la NASA abbia costruito un prototipo. La peculiarità del prototipo però è quella di non aver prodotto risultati utili.

em drive nasa prototipo
Il prototipo di MDrive della nasa, per ora produce una spinta inferiore ad un grammo, e consuma quasi come il motore di un Intercity

In realtà a fine 2016 è stato pubblicato uno studio in cui la NASA ha dimostrato di aver prodotto una spinta di 1 millinewton, utilizzando un kilowatt di energia. Facendo i conti molto approssimativi, per muovere un peso di 100 grammi, con questo motore sarebbe necessaria l’energia generata da una piccola centrale idroelettrica. Stando alla scienza documentata quindi, risulta piuttosto improbabile che l’esercito stia facendo volare qualsiasi cosa sfruttando questa tecnologia.

Cosa potremmo fare con l’EMDrive

in un certo senso tutto quello che abbiamo sempre sognato. Posto che si risolvano i problemi legati all’energia, si potrebbero creare dei velivoli in grado di uscire autonomamente dall’atmosfera e rientrarci più volte (non come i Falcon 9 “riciclati” di Elon Musk, ma più come gli X-Wing di Star Wars). Considerato che non ci sarebbero problemi di consumo ed approvvigionamento di carburante, potremmo avere veicoli, oppure intere strutture, in grado di fluttuare a mezz’aria, alimentati soltanto dalla luce del sole.

xwing emdrive star wars

Proprio da questo tipo di congetture nasce l’idea, diffusa dagli amanti dei chip sotto pelle e delle scie chimiche, che l’esercito degli Stati Uniti stia sperimentando già da qualche anno questo tipo di tecnologia, su un piccolo velivolo molto simile ad uno Space Shuttle: l’X-37B.

X-37B è il primo velivolo con EMDrive?

La risposta è no, o almeno non possiamo ne smentire il fatto che lo sia, ne che non lo sia.

X-37B è un mezzo pensato per lunghe missioni orbitali. É lungo circa 9 metri (quindi molto meno di uno Space Shuttle), ha bisogno di un razzo tradizionale per uscire dall’atmosfera terrestre, ed ha al suo interno un pannello solare progettato dalla Boeing, un serbatoio molto generoso di idrogeno, ed una dotazione tecnologica, composta di sensori, telecamere e rilevatori, di cui l’Air Force potrebbe anche raccontarci tutti i dettagli, ma dopo dovrebbe ucciderci.

x37b aereo spaziale emdrive

Quello che sappiamo per certo è che X-37B nasce come drone orbitale per missioni di sorveglianza, essendo più agile di un satellite negli spostamenti (grazie anche alla sua orbita decisamente bassa), e tecnicamente parlando ha tutte le carte in regola per fare niente di più di quello che dichiara. Quello che spinge a viaggiare con la fantasia però, è il fatto che la sua terza missione, denominata OTV-3, ha mantenuto in orbita il velivolo per 674 giorni (quasi due anni), mentre la nuova missione OTV-4 è partita nel Maggio 2015, ed è ancora in corso (non si sa per quanto tempo).

Tecnicamente tutte le missioni completate fino ad oggi sono perfettamente spiegabili con la tecnologia spaziale che conosciamo, ma la quarta missione, quella in corso, potrebbe anche farci sospettare qualche cosa di strano, come un motore EMDrive collegato ai pannelli solari. Potrebbe, per però ora non ci sono elementi sufficienti da farlo pensare seriamente.

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