Quartieri svantaggiati e rischio Alzheimer: il legame con infiammazione e biomarcatori cerebrali

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Un numero crescente di studi dimostra che il luogo in cui viviamo può influenzare profondamente la nostra salute cerebrale. L’ultima conferma arriva da una ricerca che collega lo svantaggio del quartiere di residenza con alterazioni nei biomarcatori dell’Alzheimer e con livelli più elevati di infiammazione sistemica. Una scoperta che suggerisce come le disuguaglianze ambientali e sociali possano lasciare un’impronta profonda anche sul cervello.

I ricercatori hanno analizzato i dati di centinaia di persone anziane, tenendo conto del contesto socioeconomico del quartiere in cui abitavano. Attraverso esami del sangue e neuroimaging, sono emersi segnali preoccupanti: chi viveva in aree svantaggiate mostrava livelli più alti di proteine infiammatorie e alterazioni nei biomarcatori cerebrali associati alla malattia di Alzheimer, come l’accumulo di beta-amiloide e tau.

Alzheimer e infiammazione: i quartieri svantaggiati sotto accusa

Secondo gli studiosi, vivere in un contesto urbanistico degradato — caratterizzato da povertà diffusa, carenza di spazi verdi, traffico intenso e accesso limitato a servizi sanitari — espone le persone a stress cronico e inquinamento ambientale, due fattori che possono contribuire a un’infiammazione persistente nel corpo. Questa infiammazione, a sua volta, sembra giocare un ruolo chiave nel favorire i cambiamenti cerebrali tipici dell’Alzheimer.

La ricerca suggerisce che non si tratta solo di stile di vita individuale: anche chi adotta abitudini sane può essere penalizzato dal contesto in cui vive. È il quartiere, con le sue caratteristiche strutturali e sociali, a influenzare i livelli di rischio in modo indipendente rispetto a fattori come dieta, esercizio fisico o predisposizione genetica.

Un altro elemento chiave emerso dallo studio riguarda l’invecchiamento precoce del cervello. I partecipanti residenti in zone svantaggiate presentavano segnali di declino cognitivo anche in assenza di una diagnosi clinica, suggerendo che l’ambiente urbano sfavorevole possa accelerare i processi neurodegenerativi.

Promuovere città più sane, eque e a misura di mente

Questo tipo di ricerca apre nuove prospettive anche in termini di prevenzione. Interventi di rigenerazione urbana, accesso facilitato a spazi verdi, miglioramento della qualità dell’aria e programmi di inclusione sociale potrebbero rappresentare strategie concrete per ridurre il rischio di demenza su larga scala.

Gli scienziati sottolineano l’importanza di considerare la salute cerebrale non solo come una questione individuale, ma anche come un riflesso delle condizioni di vita e delle politiche territoriali. In un’epoca in cui la demenza rappresenta una delle principali sfide sanitarie globali, ripensare le città diventa una necessità anche per tutelare il cervello.

In conclusione, il cervello non è un’isola. È profondamente influenzato dall’ambiente che ci circonda, e ora sappiamo che vivere in quartieri svantaggiati può aumentare il rischio di Alzheimer. Una ragione in più per promuovere città più sane, eque e a misura di mente.

Foto di Steven HWG su Unsplash

Marco Inchingoli
Marco Inchingoli
Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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