La tecnologia è in grado di fare molto per chi si trova in difficoltà, cambiando redicalmente la vita di tante persone. Non è una frase fatta, ma una realtà: dieci non vedenti hanno ritrovato la vista grazie a occhi bionici e questo è solo l’inizio. Una nuova soluzione arriva da una studentessa di 24 anni, che ha messo a punto una nuova retina sintetica a doppio strato.
Nel 2013 l’Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali americana, nota anche come FDA, ha approvato l’utilizzo di retina artificiale per persone colpite da gravi casi di retinite pigmentosa. L’Argus II Retinal Prothesis System, questo il nome della tecnologia utilizzata, è però ingombrante e costosa. Niente paura, perché la ragazza della quale vi abbiamo parlato poco fa ha trovato la soluzione giusta. Scopriamo insieme di cosa si tratta.
Leggera e biodegradabile: la retina sintetica può aiutare molti
Ecco a voi Vanessa Restrepo-Schild, all’apparenza una studentessa come tante altre, questa ricercatrice dell’Università di Oxford potrebbe aver rivoluzionato per sempre l’industria degli impianti bionici. Un passo avanti rispetto ai materiali rigidi solitamente utilizzati nello sviluppo di retine artificiali.
Uno sviluppo che impiega una tecnologia meno invasiva per trattare nel modo migliore patologie degenerative dell’occhio come la retinite pigmentosa. Posizionata nella parte interna dell’occhio, la retina converte la luce in segnali elettrici, che viaggiano attraverso il sistema nervoso e innescano una risposta da parte del cervello.
Persone afflitte da malattie degenerative, quali la RP (retinite pigmentosa), fanno i conti con una forte compromissione della vista a causa della distrofia retinitica. La dottoressa Restrepo-Schild spera di annullare gli effetti della malattia con una retina sintetica a doppio strato, una replica che ricorda molto da vicino i tessuti del corpo umano.
Costituita da piccole goccioline di acqua (hydrogel), da proteine della membrana cellulare biologica, i materiali, che sono naturali e biodegradabili, risultano meno invasivi con conseguenti minori rischi di reazioni avverse da parte del corpo. Una soluzione geniale, speriamo che questa soluzione possa portare sollievo a molte persone alle prese con patologie oculari.
“L’occhio umano è incredibilmente sensibile, ecco perché corpi estranei come impianti retinici metallici possono essere tanto dannosi – afferma Vanessa Restrepo-Schild – causando infiammazioni o cicatrici. Sono sempre stata affascinata dal corpo umano e voglio dimostrare come l’attuale tecnologia possa essere usata per replicare le funzioni dei tessuti umani, senza dover necessariamente usare cellule vive”.
“Spero che la mia ricerca sia il primo passo di un viaggio verso una tecnologia morbida e biodegradabile, rispetto a quella del passato, dura e piena di sprechi”. La giovane ricercatrice ha le idee chiare, il team di Oxford amplieranno le funzioni della protesi per consentire il riconoscimento di forme e colori. Possibile che entro breve inizino i test su animali, poi quelli su pazienti umani.
Fonte: geek.com