Il Parlamento Europeo ha deciso sulla riforma del Copyright: ha vinto il sì

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Nubi scure all’orizzonte per i naviganti del web o almeno sono quelle le previsioni rispetto alla votazione che è avvenuta nello scorse ore durante la seduta del Parlamento Europeo. La tanto discussa riforma del Copyright, i cui temuti punti era l’articoli 11 e 13, quest’ultimo è diventato articolo 17 dopo l’ultima votazione, è passata con 348 sì e 274 no. A nulla sono servite le numerose proteste portate avanti sia sul web, per esempio l’oscurazione di Wikipedia in diversi paesi tra cui l’Italia, e la mobilitazione in piazza, come in Germania questo fine settimana.

Questo riforma mira a porre dei paletti sull’uso della proprietà intellettuale su Internet, il che effettivamente al momento quest’ultima risulta non essere esattamente rispettata. Sostanzialmente le grandi aziende, come per esempio Facebook e Google, dovranno far in modo di impedire ai propri utenti di sfruttare i contenuti di altri a meno di aver pagato una somma congrua a proprietari proprio per avere la possibilità di utilizzarli

 

Il rischio per le piccole realtà

Se è vero che questo andrà a colpire i colossi, a farne le spese saranno i piccoli siti e social. Le grande compagnie hanno i mezzi per resistere al contraccolpo e anche le risorse per mettere in piedi le richieste del Parlamento Europeo ovvero di usare degli algoritmi/intelligenze artificiali/software che di default faranno un controllo dei contenuti pubblicati così da bloccare quelli non idonei per via di una eventuale violazione. Al contrario i piccoli siti, come il nostro per esempio, dovranno stare attenti ad usare immagini, a citare articoli e altro per evitare di ritrovarsi in controversie legali.

Da questo cambiamento si salvano i siti come Wikipedia e teoricamente anche chi fa satira, ma la realtà potrebbe essere ben diversa. La pubblicazione di un’immagine satirica, gli attuali meme, su un sito potrebbe venir bloccata dal sito per evitare di vedersi arrivare una causa legale. In ogni caso questi cambiamenti entreranno in vigore soltanto due anni dopo la comparsa della riforma sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

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