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Progettata una spina dorsale flessibile che permette ai robot di correre come ghepardi

Al giorno d’oggi esistono due tipi di robot: rigidi e morbidi. Normalmente la gente pensa più alla prima tipologia quando si parla di robot, come quelli che si trovano nelle catene di assemblaggio. I robot morbidi o softbot, con il loro corpo in silicone tendono invece ad imitare gli organismi biologici adattandosi ad ogni ambiente. Ora un nuovo design robotico dalla spina dorsale flessibile sviluppato dalla North Carolina State University permetterebbe alla macchina di correre come non mai.

Il progetto si ispirerebbe al movimento di uno tra gli animali più veloci al mondo, il ghepardo. I ghepardi possono raggiungere i 93 chilometri orari durante uno sprint; questa velocità è dovuta alle loro spine dorsali super flessibili che gli consentono di arcuare incredibilmente la schiena così da permettere passi più lunghi e veloci. Secondo uno studio del 2012 i ricercatori hanno scoperto che un ghepardo è in grado di compiere dai 2 ai 3 passi al secondo in base alla loro velocità.

LEAP, questo il nome della colonna vertebrale artificiale sviluppata dal Dr. Jie Yin, professore di ingegneria meccanica e aerospaziale presso l’Università della North Carolina. Il progetto permette ai softbot di imitare la flessibilità del ghepardo su superfici solide senza poggiare tutti e quattro i piedi a terra. Questo significa che i nuovi modelli LEAP potranno letteralmente “galoppare” staccando i piedi da terra con un aumento di velocità pari a tre volte rispetto i vecchi robot.

 

Come funziona la nuova spina dorsale LEAP?

La nuova spina dorsale permette ai robot di spingersi anche su pendenze prima irraggiungibili, inoltre ora possono nuotare sott’acqua in qualsiasi direzione con una velocità incrementata dal 32% al 122% rispetto altri robot morbidi. Un risultato sorprendente. La loro rapidità è dovuta ad una spina “bistabile” che funziona come una sorta di “interruttore della luce”, permettendo al robot di passare da su a giù molto velocemente.

“Siamo in grado di passare rapidamente da uno stato all’altro pompando aria in canali che rivestono il robot in silicone morbido. Il passaggio tra i due stati rilascia una notevole quantità di energia, consentendo al robot di esercitare rapidamente forza contro il suolo”, ha riferito Yin. “Ciò consente al robot di galoppare attraverso la superficie, il che significa che i suoi piedi lasciano il suolo.”

LEAP, dai softbot agli umani

Grazie alla tecnologia LEAP il Dr. Yin spera di poter realizzare robot di diverse grandezze. “Possono adattarsi alle dimensioni degli animali o persino a quelle umane”, ha spiegato Yin. “Può anche ridursi alle dimensioni fino nanorobot di micro-dimensioni.” Un giorno potremmo quindi vedere cani robotici che corrono alla stessa velocità dei ghepardi o microscopici softbot che strisciano attraverso il nostro corpo in cerca di malattie.

Questa nuova tecnologia flessibile permetterebbe se usata sull’uomo di realizzare protesi attive che permetterebbero ad una persona di spostarsi senza il minimo sforzo. Il LEAP è anche in grado di afferrare oggetti fino a 10 kg che potrebbe portare alla creazione di mani protesiche più realistiche. Oltre che gli umani, anche i robot rigidi potrebbero beneficiare del sistema LEAP raddoppiando potenzialmente la loro velocità.

“Le potenziali applicazioni includono tecnologie di ricerca e salvataggio, dove la velocità è essenziale, e la robotica di produzione industriale”, ha dichiarato Yin. “Ad esempio, immaginate robot da produzione più veloci, ma ancora in grado di gestire oggetti fragili.”

Andando avanti, Yin e il suo team sperano di sviluppare moduli con multi-stabilità, che consentirebbe al sistema di eseguire movimenti più complicati e intricati. Yin spera anche di adattare il sistema per l’uso con attuatori diversi come magneti. Incorporando i magneti nel materiale LEAP, si potrebbe fletterlo avanti e indietro alternando campi elettromagnetici. Sfortunatamente, siamo probabilmente ancora lontani dal vedere questa tecnologia in produzione su larga scala.

Marco Inchingoli

Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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