Un’equipe di scienziati appartenenti alle file della Columbia University ha fisicamente dimostrato come il DNA sia in grado di conservare un quantitativo davvero impressionante di dati. In tal caso si è ricorsi ad uno studio correlato alla bio – tecnologia, che ha evidenziato risultati davvero straordinari.
Allo stato attuale, non è difficile stupirsi di fronte ai moderni dispositivi di storage. Semplici microSD sono in grado di contenere una quantità davvero impressionante di dati. Video in 4K, documenti, intere collezioni musicali e cinematografiche, file di grandi dimensioni sono letteralmente a portata di mano. Ad ogni modo, l’attuale ostacolo è rappresentato dall’affidabilità dei sistemi nel medio e lungo periodo.
Da anni la scienza ha teorizzato che il DNA possa rappresentare uno dei migliori supporti di memorizzazione. Il recente esperimento sembra provare questa tesi iniziale.
L’utilizzo di un’inedita tecnologia e l’applicazione degli algoritmi di compressione normalmente utilizzati nel segmento professional del video-editing e dello streaming online hanno permesso agli scienziati di salvare, su una porzione di DNA, una varietà di contenuti diversi. Tra questi: film, sistemi operativi, virus informatici, Amazon Gift Card da $50 ed altro. L’aspetto più interessante emerso dall’esperimento? La grande affidabilità del sistema. Di fatto, il recupero non ha generato alcun errore, degradazione o perdita di informazione.
Attraverso questa nuova avveniristica tecnologia è stato possibile saggiare il potenziale del data saving in modi sin oggi soltanto ipotizzati. L’affidabilità del sistema e la possibilità di salvare un enorme quantitativo di dati in uno spazio fisico così piccolo aprono nuovi orizzonti d’innovazione.
Nello specifico, i ricercatori sono stati in grado di salvare 1,6 bit di dati in ogni nucleotide, avvicinandosi all’incredibile limite teorico di 1.8 bit. Detto in questi termini, ciò potrebbe sembrare cosa da poco. Basti sapere, per dirla in tutt’altro modo, che un solo grammo di DNA può memorizzare 215 Petabyte di dati.
Il nuovo sistema ha, quindi, manifestato la sua ampia affidabilità e, contrariamente a quanto avviene ancora oggi con gli attuali supporti di memorizzazione, non dovrebbe mai diventare obsoleto. I dati possono essere idealmente preservati per migliaia e migliaia di anni risultando sempre perfettamente accessibili, a patto di conservare i “supporti” in luogo fresco ed asciutto.
Ma vi sono degli svantaggi nell’utilizzo di questa tecnologia di memorizzazione dati? Ovviamente, i costi. Allo stato attuale si parla di migliaia di dollari per il salvataggio di pochi MB di dati e pertanto si è ancora ben lontani da un utilizzo su ampia scala.
Comunque sia, si tratta di soluzioni che potrebbero tornare comode ai grandi data center come, ad esempio, quelli di Google, Apple e Microsoft. Stiamo correndo troppo con la fantasia? A dire il vero la sensazione, al momento, è proprio questa. Al momento risulta piuttosto difficile immaginare data center mondiali realizzati con DNA, ma la possibilità non è da escludere. Voi che idea vi siete fatti? Spazio a tutti i vostri commenti.