Un team di ricercatori dell’Università della California meridionale ha fatto un’interessante scoperta riguardante l’etnia degli Hadza della Tanzania, una popolazione di poche centinaia di persone che vivono cacciando e raccogliendo cibo nei pressi del lago Eyasi.
I membri di questo gruppo etnico sembrano non presentano i principali marcatori per le malattie cardiache e quelle metaboliche, marcatori invece comuni nelle persone delle nazioni industrializzate.
I ricercatori sono poi giunti presto ad una conclusione: i membri di questa etnia sono soliti accovacciarsi o inginocchiarsi molto spesso, più di quanto possano stare seduti. I ricercatori hanno effettuato uno studio su alcuni membri di questa popolazione facendo indossare loro dei dispositivi per misurare l’attività fisica e i periodi di riposo.
Oltre ad avere buoni livelli di attività fisica, i membri di questa etnia mostrano però anche alti livelli di inattività. Si tratta di posture di riposo che comportano comunque un minimo di attività muscolare rispetto alla seduta che praticamente non ne comporta alcuno. Questa conclusione ne porta a un’altra: accovacciarsi e inginocchiarsi possono essere considerate posizioni di riposo per quanto riguarda l’evoluzione umana e favorevoli addirittura per la salute rispetto allo stare seduti.
In effetti diverse ricerche hanno sottolineato l’aspetto negativo dello stare seduti per molte ore al giorno, una posizione che ha mostrato a più riprese di poter aumentare i rischi di varie patologie tra cui le malattie cardiovascolari. Questo perché la posizione dello stare seduti comporta una bassissima se non nulla attività muscolare e conseguentemente un basso livello di metabolismo continuato per ore ore.
Secondo i ricercatori dell’università americana, le posizioni di riposo usate prima dell’invenzione delle sedie erano sostanzialmente l’accovacciarsi e l’inginocchiarsi, due posizioni che comportano livelli più alti di attività muscolare rispetto alla seduta. Proprio per questo queste posizioni possono aiutare le persone proteggersi dagli effetti dannosi dell’inattività, pur non effettuando alcun esercizio fisico in sé.
David Raichlen pensa che la stessa fisiologia umana si sia adattata alle condizioni con le quali ci siamo voluti. Questo vuol dire che se l’inattività e lo stare seduti sono cose dannose, la storia evolutiva degli esseri umani non ha evidentemente dato molto spazio a questo tipo di inattività, diversamente da quanto facciamo oggi, un’epoca durante la quale stare seduti è diventata l’attività primaria della giornata per molte persone.
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