Un gruppo di scienziati è riuscito a sintetizzare una nuova doppia elica con quattro basi azotate aggiuntive, diverse da quelle che fino ad ora abbiamo conosciuto. Questo DNA artificiale, potrebbe spingerci in futuro oltre i confini di come è la chimica stessa della vita, potremmo creare una vita diversa da quella che conosciamo.
Questa ricerca è stata finanziata dalla NASA ed è guidata dall’americana Applied Molecular Evolution Foundation. Il DNA artificiale creato dal team di ricerca, è stato nominato, “Hachimoji DNA”, dalle parole giapponesi che indicano “otto lettere”, richiamando le 4 basi azotate aggiunte alle 4 già esistenti: adenina (A), timina (T), guanina (G) e citosina (C).
Il gruppo di scienziati è al lavoro già da molto tempo su questo progetto e, nel 2011 avevano già iniziato a creare le prime due nuove lettere dell’alfabeto del DNA. Lo scorso anno erano giunti alla creazione di DNA con sei lettere, funzionante all’interno di un organismo vivente.
Ora hanno deciso di spingersi ulteriormente oltre, creando nuovi nucleotidi non convenzionali ed artificiali. Il loro scopo è quello di raddoppiare il numero dei codici disponibili. Secondo i ricercatori, dalla creazione e dall’analisi del DNA Hachimoji, potremmo comprendere e avere informazioni sulle molecole che potrebbero dare origine alla vita nei mondi extraterrestri.
Conosciamo già la stabilità e la funzionalità del DNA naturale, in diverse condizioni ambientali. Quello che invece stanno ora facendo i ricercatori, riguarda la possibilità di prendere in esame scenari diversi per implementare la nostra conoscenza sull’evoluzione dei materiali organici e della chimica della vita. Per avere una maggiore comprensione di come il sistema genetico possa evolversi i ricercatori stanno spingendo oltre il limite i test sulla chimica che ne è alla base, creando per l’appunto un DNA artificiale.
Il DNA Hachimoji, potrebbe quindi consentire di approfondire questi temi. Il nuovo codice genetico artificiale, prevede altre quattro basi azotate, identificate con le lettere P, B, Z ed D. Questi nucleotidi sono basati sulle basi azotate naturali e sono classificati allo stesso modo in purine e pirimidine. Come le basi azotate naturali, anche queste si legano attraverso legami idrogeno: S si lega con B e P si lega con Z.
Ma queste sono le uniche somiglianze con il DNA naturale. Il DNA Hachimoji introduce una serie di nuovi parametri chimici alla struttura a doppia elica, influenzandone il modo in cui può piegarsi e bloccarsi.
Riuscendo a creare modelli che possano predire la stabilità del DNA artificiale e osservandone le strutture effettive, i ricercatori avranno sicuramente più nozioni per poter studiare le fondamenta di un modello genetico.
I ricercatori sono riusciti a costruire centinaia di eliche con il DNA Hachimoji, composte da diverse combinazioni di basi azotate naturali ed artificiali. In seguito le hanno sottoposte a condizioni diverse per studiarne le reazioni.
Dai test è emerso che sebbene ci siano state delle piccole differenze nel comportamento dei singoli nucleotidi, non c’è motivo di ritenere che il nuovo DNA artificiale non funzionasse correttamente. È sembrato quindi in grado di portare informazioni, mutare ed evolvere.
Questi nuovi nucleotidi si sono anche dimostrati in grado di generare nuovi codici senza disintegrarsi e le sequenze prodotte sono state anche tradotte in versioni sintetiche di RNA.
Queste nuove ricerche potrebbero essere di fondamentale importanza per la comprensione di come la vita potrebbe, o non potrebbe svilupparsi altrove nel nostre Universo.
Lori Glaze, direttrice della NASA per le missioni scientifiche, ha affermato che “il rilevamento della vita è un obiettivo sempre più importante delle missioni planetarie della NASA e questo nuovo lavoro ci aiuterà a sviluppare strumenti ed esperimenti efficaci che amplieranno la portata della nostra ricerca di vita nello spazio”.
Ma le applicazioni del DNA sintetico sono infinite, non solo nello spazio, anche qui sulla Terra. Potremmo riprogrammare la vita con un codice diverso e costruire nuovi tipi di nanostrutture.
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