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Sparatorie di massa: tra disturbi mentali e videogiochi violenti

Di sparatorie di massa negli Stati Uniti ne avvengono ogni giorno; non praticamente ogni giorno anzi, considerando le statistiche in media ce n’è più di una ogni 24 ore. Ovviamente quelle che hanno un risalto mediatico internazionale sono quelle più violente come quella che è avvenuta negli scorsi giorni ad El Paso. Tralasciando il dibattito eterno che riguarda la regolamentazione delle armi da fuoco negli USA, la parte che ha noi interessa è un’altra. Ormai ogni volta che avviene un evento del genere vengono fatte due particolari dichiarazioni.

Come da titolo si parla della salute mentale e dei videogiochi violenti. Ogni volta vengono usate come scusa da parte dei politici, prima, e delle persone comuni, dopo. Sono accuse prive di fondamento, si sa, ma ogni volta vengono tirate in balle in quanto sono una facile soluzione di un problema più ampio. Prendiamo per esempio lo stesso presidente degli Stati Uniti che appena dopo qualche ora ha detto questo: “La malattia mentale e l’odio premono il grilletto. Non la pistola.

 

Sparatorie di masse e le facili accuse.

Negli anni le sparatorie sono aumentate di frequenza e quindi chi di dovere ha iniziato a cercare collegamento, anche per cercarle di prevenirle piuttosto che divertirsi ad accusare qualcuno ad atto compiuto. Le ricerche hanno evidenziato. I numeri sono effettivamente alti come per esempio in un rapporto del 2018 si evidenzia come di 63 aggressori, al 25% era stata diagnosticata una malattia mentale. Se andiamo a togliere quel 25%, rimane un numero fin troppo alto.

Per i videogiochi il discorso è anche più vago. Il collegamento videogiochi violenti e sparatorie risale alla strage del liceo di Columbine. Da allora questo argomento è sempre stato tirato in mezzo eppure un rapporto dei Servizi Segreti e del Dipartimento della Pubblica Istruzione ha evidenziato che appena il 12% degli autori di reati in alcune sparatorie ha mostrato interesse per i videogiochi violenti.

Insomma, la politica continua a fare collegamenti alquanto fragili per evitare di prendere sul serio un problema. Quello delle sparatorie è un problema tutto statunitense, ma il come viene affrontato risulta essere invece uno spunto valido per tutti i paesi. Non servono accuse facili, servono risposte pratiche ai problemi.

Giacomo Ampollini

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