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Spazio: i cervelli dei cosmonauti possono essere ricablati dalle missioni

Il nostro cervello cambia con il passare del tempo e con l’invecchiamento quando siamo sulla Terra, ma cosa succede ai cervelli dei cosmonauti quando passano molto tempo nelle missioni spaziali? Un nuovo studio, una collaborazione tra l’Agenzia Spaziale russa e quella europea, ha esplorato come il cervello dei cosmonauti cambia dopo aver viaggiato a lungo nello spazio e poi sono tornati indietro.

I risultati suggeriscono che il cervello si adatta al volo spaziale e si verificano sia cambiamenti di fluidi e della forma. Questi cambiamenti evidenti possono durare anche per alcuni mesi dopo che la persona è tornata sulla Terra. Inoltre quest’ultimi hanno davvero sorpresi i ricercatori, in quanto nuovi e inaspettati.

 

Cervelli, quelli dei cosmonauti possono essere ricablati nello spazio

Lo studio ha analizzato il cervello di 12 cosmonauti poco prima e dopo il loro ritorno dalla Stazione Spaziale Internazionale. Tutti questi cosmonauti hanno fatto un lungo viaggio, una media di 172 giorni, circa 5 mesi e mezzo. Si sono concentrati inizialmente sulla neuroplasticità per vedere come quest’organo si adatti al volo spaziale, concentrandosi in seguito sulla connettività all’interno del cervello. A tal fine, il team ha utilizzato una tecnica di imaging cerebrale chiamata trattografia in fibra, una tecnica di ricostruzione 3D che utilizza i dati della risonanza magnetica a diffusione o le scansioni dMRI per studiare la struttura e la connettività all’interno del cervello.

La trattografia in fibra fornisce una sorta di schema di cablaggio del cervello. Questo è il primo studio che utilizza questo nuovo metodo per rilevare i cambiamenti nella struttura del cervello dopo una missione spaziale. La risonanza magnetica esamina al contrario la struttura a livello di materia grigia, bianca e esamina anche i fluidi. Dopo il volo spaziale, queste strutture sembrano essere alterate, principalmente a causa delle deformazioni causate dallo spostamento dei fluidi che avviene nello spazio. È stato riscontrato anche un aumento della materia grigia e bianca. Quest’ultima facilita la comunicazione tra la materia grigia all’interno del cervello con il resto del corpo.

 

Cambiamenti nelle connessioni neurali

Oltre ai cambiamenti dei fluidi i ricercatori hanno notato anche un cambiamento della forma. I ventricoli vicini si dilatano effettivamente, il che sposta il tessuto neurale di questa regione attorno al corpo calloso, cambiandone la forma. I ventricoli nel cervello sono sacche che producono e immagazzinano il liquido cerebrospinale, il liquido che circonda il cervello e il midollo spinale. Inoltre sono stati scontrati cambiamenti nelle connessioni neurali tra diverse aree motorie del cervello. Le aree motorie sono centri cerebrali in cui vengono avviati i comandi per i movimenti. In assenza di gravità, un astronauta ha bisogno di adattare drasticamente le sue strategie di movimento, rispetto alla Terra. Lo studio mostra che il loro cervello è ricablato.

Una misura che potrebbe ridurre questi effetti sarebbe la gravità artificiale. La gravità artificiale è, in teoria, creata da una forza inerziale per replicare la sensazione di gravità come, ad esempio, la sperimentiamo qui sulla Terra. Un punto fermo della fantascienza, gli scienziati negli ultimi anni hanno iniziato a tradurre questo concetto in realtà. Tuttavia al momento è davvero difficile realizzarlo.

Foto di Baggeb da Pixabay

Marco Inchingoli

Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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