Il discorso è semplice e complesso allo stesso tempo. La maggior parte dello spazio, circa l’85%, è formato da un elemento invisibile e neanche rilevabile, almeno con la tecnologia attuale. Viene chiamato Materia Oscura e a questo punto della situazione è ovviamente considerata ancora una teoria, la più accreditata, ma pur sempre quello rimane.
In queste settimane è stato teorizzato un nuovo modo per riuscire a vedere, non in senso letterale, tale materia. Gli ideatori sono degli astronomi Australiani e Spagnoli che hanno individuato nel Telescopio Spaziale Hubble di proprietà in comune della NASA e dell’ESA la possibilità di rilevarle. Per farlo si sfrutterà una particolare luminosità di alcuni cluster di galassie e della loro debole e flebile luce.
Non direttamente
Prima di arrivare al punto c’è bisogno di una spiegazione. Con cluster di galassie si intende un numero X di galassie raggruppate in una relativa piccola porzione di universo. A volte interagiscono e i campi gravitazionali di alcune finiscono per attirare a sé le stelle di altre. Quest’ultime iniziano quindi a viaggiare emettendo la debole luce citata poc’anzi la quale è chiamata luce intracluster.
Secondo i ricercatori quella luce ha la capacità di mappare la materia oscura e grazie a delle lenti gravitazionali si può vedere la distribuzione di essa anche se serve parecchio tempo e un’osservazione intensa.
Il prossimo passo dei due autori dello studio, Mireia Montes e Ignacio Trujilo sarà quello di dedicare questa osservazione anche ad altre galassie andando oltre le sei che avevano preso in considerazione fino ad adesso.