Foto di WikiImages da Pixabay
Il concetto di “memoria gravitazionale“, previsto dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein, suggerisce che le onde gravitazionali possano lasciare una traccia permanente nello spazio-tempo. Ma esiste davvero una sorta di “archivio cosmico”? Un recente studio sostiene che potremmo essere vicini a scoprirlo.
Le onde gravitazionali sono increspature nello spazio-tempo generate da eventi cosmici catastrofici, come la fusione di buchi neri. A differenza delle onde sonore o luminose, esse modificano la struttura dell’universo in modo permanente. Einstein ipotizzò che queste deformazioni potessero essere registrate dallo spazio-tempo stesso, ma finora non siamo mai riusciti a dimostrarlo.
Gli scienziati hanno ora proposto un nuovo metodo per rilevare queste tracce gravitazionali: analizzare la radiazione cosmica di fondo a microonde (CMB), il residuo del Big Bang. Questa radiazione, che viaggia attraverso l’Universo da miliardi di anni, potrebbe contenere informazioni sulle onde gravitazionali generate da eventi passati.
Secondo lo studio, le fusioni di buchi neri potrebbero lasciare variazioni di temperatura minime nella radiazione cosmica di fondo. Analizzando questi segnali, gli scienziati potrebbero confermare la memoria gravitazionale e ottenere nuovi dettagli sugli eventi più energetici dell’Universo.
Il problema principale è che le variazioni di temperatura previste sono incredibilmente piccole, dell’ordine di un trilionesimo di grado. Gli strumenti attuali, come il satellite Planck, hanno già mappato la CMB in dettaglio, ma per confermare questa teoria saranno necessarie tecnologie più avanzate.
Se la memoria gravitazionale verrà rilevata, rappresenterà una conferma diretta della teoria della relatività generale e fornirà un nuovo strumento per studiare il cosmo. La ricerca continua, con la speranza che, un giorno, lo spazio-tempo ci racconti la sua storia.
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