Un aspetto particolarmente complicato e che noi da terrà non prendiamo neanche in considerazione è la pulizia della Stazione Spaziale Internazionale. Se lasciata a se stessa, le condizioni possono diventare in poco tempo invivibile e creare parecchi problemi non solo all’equipaggio, ma anche alle apparecchiature. Una riprova di questo è l’accumulo di polvere dannose che si trovano all’interno dei sistemi di filtraggio dell’aria presenti a bordo.
L’analisi di questa polvere ha portato alla luce una situazione che va gestita per il meglio. I livello di contaminanti organici sono presenti in una quantità superiore rispetto a quelli che si trovano normalmente nelle nostre case. Da un lato sembra un paradosso, ma essendo un sistema chiuso è facile che si crei una condizione del genere. Si parla di diversi elementi: eteri di difenile polibromurato (PBDE) , idrocarburi policiclici aromatici, sostanze perfluoroalchiliche e altri ancora.
Le parole del professor Stuart Harrad dell’Università di Birmingham: “I nostri risultati hanno implicazioni per le future stazioni spaziali e habitat, dove potrebbe essere possibile escludere molte fonti contaminanti mediante attente scelte di materiali nelle prime fasi di progettazione e costruzione. Mentre le concentrazioni di contaminanti organici scoperti nella polvere della Stazione Spaziale Internazionale spesso superavano i valori medi trovati nelle case e in altri ambienti interni negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, i livelli di questi composti erano generalmente all’interno dell’intervallo trovato sulla terra”.
Una delle motivazioni dietro l’accumulo di certe sostanze sono le proprietà personali degli astronauti. Per esempio ,le particelle di PBDE sono causate dalla presenza di fosfato monobasico di ammonio. Quest’ultimo è presente in molti tessuti per renderli ignifughi. Apparentemente anche gli oggetti personali degli astronauti portati a bordo della Stazione Spaziale Internazionale hanno aiutato a creare questa polvere.
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