È stata di recente lanciata la prima macchina per suicidi mai esistita. Il macchinario consiste in una sorta di capsula con all’interno un lettino su cui ospitare le persone che intendano porre fine alla propria vita; la morte giungerà per asfissia, dovuta al progressivo abbassamento del livello di ossigeno. L’inventore della macchina, tale Philip Nitschke, assicura che non saranno usati gas, veleni o soluzioni iniettabili endovena.
Si chiama “Sarco” e promette scalpore
Le controverse apparecchiature, chiamate “Sarco“, saranno prodotte secondo Nitschke a mezzo di stampanti 3D e costruite con materiali biodegradabili. Presenteranno due parti: una fissa e una mobile, quest’ultima una sorta di bara che al termine della procedura potrà essere separata dall’alloggiamento e collocata altrove. “Chiunque superi il test di ingresso può entrare nella macchina e terminare la propria vita“, assicura l’inventore.
Infatti, questa estremamente delicata procedura sarà preceduta da un questionario compilabile online in base al quale si andrà a compiere una valutazione del soggetto per stabilirne l’idoneità a sottoporsi al processo di fine vita. Una volta compilato il questionario, all’interessato sarà fornito un codice valido per 24 ore e dopo un’ulteriore conferma potrà sottoporsi al trattamento.
Un passato non proprio illustre
Ma chi è questo Philip Nitschke? Soprannominato “dottor Morte“, egli è un cultore delle terapie di morte procurata ed è infatti la prima persona ad aver praticato un’eutanasia su un paziente nel 1996. Originariamente medico, fu radiato dall’ordine per le sue controverse idee in materia di fine vita e fu incriminato per non aver segnalato ad uno psichiatra un paziente con tendenze suicide, che effettivamente finì per togliersi la vita.
Anche se le iniziative dell’ex medico risultano molto più che discutibili, l’idea di fondo sembra tuttavia essere quantomeno comprensibile: “Nessuno dovrebbe essere soggetto a regole sul fatto che una persona sia malata abbastanza da scegliere di morire“, sostiene Nitschke, il quale crede che morire sia un diritto umano, non un privilegio; la massima espressione della libertà dell’uomo che si spinge fino a voler decidere quando e come porre fine alla propria esistenza. “Se posso decidere come vivere, devo poter decidere come morire“, conclude, ponendo le basi per un dibattito estremamente delicato e bisognevole di risposte quanto mai concrete.