L’11 aprile 2019, un veicolo spaziale si è schiantato sulla Luna. La sonda israeliana Beresheet sarebbe dovuta atterrare dolcemente nel Mare Serenitatis, un’enorme pianura di roccia basaltica formatasi in un’eruzione vulcanica miliardi di anni fa. Questa sarebbe stata la prima missione finanziata da privati ad atterrare sulla Luna, ma, a causa di un guasto dell’ultimo minuto agli strumenti, la sonda non è riuscita a rallentare a sufficienza e ha impattato contro la superficie del nostro satellite a 500 chilometri all’ora. Beresheet trasportava animali chiamati tardigradi, che assomigliano a microscopici bruchi rachitici, alcuni dei quali potrebbero essere sopravvissuti.
Questi minuscoli animaletti potrebbero non sembrare i passeggeri ideali per i viaggi interplanetari, ma i biologi conoscono bene i tardigradi grazie alla loro capacità di sopravvivere a condizioni che ucciderebbero quasi tutti gli altri animali; è possibile quindi che alcuni di loro siano sopravvissuti allo schianto. I tardigradi hanno iniziato il viaggio in uno stato di inattività, nel quale rimarranno: non possono tornare attivi senza acqua, elemento di cui la Luna è notoriamente a corto. Alla fine le temperature estreme e le radiazioni solari ustionanti li uccideranno, ma potrebbe volerci un tempo sorprendentemente lungo.
I tardigradi non sono difficili da trovare: basta recarsi in una zona ricca di muschio o licheni in una giornata umida. Se si ha a disposizione un microscopio a portata di mano, si potrebbero osservare i tardigradi muoversi nell’acqua. Questi strani animaletti sembrano un incrocio tra una cocciniglia e un bruco, rimpiccioliti a dimensioni microscopiche. Il passaggio allo stato di inattività offre chiaramente ai tardigradi una possibilità di sopravvivere. Se le condizioni ambientali diventano troppo secche, troppo fredde o troppo radioattive, essi possono raggrinzirsi in un tunnel e aspettare, a differenza della maggior parte degli animali, uomo compreso.
Questa e altre capacità dei tardigradi rimangono quasi del tutto misteriose. Per esempio, nel 2020 i ricercatori hanno scoperto una nuova specie che può resistere a dosi intense di radiazioni ultraviolette. Sembra che questo avvenga tramite la fluorescenza, ma non è chiaro quale sia la sostanza fluorescente o come funzioni. Il team ipotizza che questa sostanza potrebbe costituire la base di un nuovo tipo di protezione solare.
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