Nella lotta al coronavirus, un ruolo fondamentale è rivestito certamente dalle cosiddette “app di tracciamento“, utili a ricostruire la catena di contagi in modo da agire in maniera mirata sui casi e prevenire focolai spesso estremamente difficili da gestire. In Italia, l’app “di bandiera” è Immuni, sviluppata durante i mesi di lockdown e resa disponibile sugli store multimediali dei principali sistemi operativi per smartphone, Androd e iOS. Tuttavia, il download di applicazioni di questo tipo non è un obbligo, motivo per cui per ora si è costretti a fare affidamento esclusivamente sul senso di responsabilità dei cittadini per tracciare i nuovi casi.
La novità è attesa da diverso tempo. Apple e Google introdurranno infatti un sistema di “contact tracing“, un software basato sull’utilizzo della tecnologia bluetooth in grado di ricevere la notizia del contatto con soggetti positivi e di comunicarla agli utenti attraverso un’apposita notifica, avvertendoli dell’avvenuto contatto con una persona infettata dal coronavirus.
Chi non ha installato app come Immuni, infatti, non potrà essere messo al corrente circa l’esposizione ad eventuali contatti con persone risultate positive al coronavirus, ma un imminente aggiornamento dei sistemi operativi degli smartphone potrebbe sopperire a queste mancanze, portando con sè delle nuove funzionalità in grado di avvisare gli utenti esposti al rischio di contagio, in maniera del tutto simile a come farebbe Immuni. L’ago della bilancia in questi casi è però il rispetto della privacy, cosa comunque garantita da Immuni e auspicabile anche per gli aggiornamenti summenzionati.
Il tracciamento avverrebbe infatti in maniera tale da garantire la privacy degli utenti, che potranno essere tempestivamente avvisati in caso di esposizione al rischio di contagio. Nonostante le imminenti novità, però, resta molto importante utilizzare applicazioni di questo tipo perchè sono le uniche in grado di creare un collegamento tra le segnalazioni degli utenti e le notifiche che arrivano sugli smartphone degli utenti; gli algoritmi utilizzati da Apple e Google infatti non sono per ora in grado di svolgere questo tipo di compito.
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