In questo periodo storico, stiamo attraversando una pandemia da circa 21 mesi. Si potrebbe presumere che una comunità di ricercatori medici e scienziati armati di informazioni cliniche descrittive potrebbe aver già scoperto una serie di trattamenti per combattere definitivamente il COVID-19. Tuttavia, in realtà, abbiamo solo un’alternativa terapeutica degli anni ’60 (steroidi) che migliora solo marginalmente i risultati per le persone che necessitano di ossigenoterapia. Questa è solo leggermente migliore della nostra risposta all’influenza nel 1918.
Negli ultimi 100 anni la comunità scientifica ha compiuto progressi significativi nella comprensione dei virus e della risposta fisiologica dell’organismo alla risultante infiammazione indotta da agenti patogeni, un importante predittore di morbilità e mortalità. Quando si guarda a ciò che ha funzionato, la risposta è chiara: il successo è stato raggiunto quando c’è stata una solida base biologica e farmacologica. Anche così, e nonostante la presenza di una varietà di terapie antivirali e anticorpi antinfiammatori che, nel migliore dei casi, forniscono una riduzione della carica virale o una piccola efficacia clinica per alcuni, ci troviamo in una situazione in cui sarebbe difficile dire che abbiamo una linea terapeutica solida per gestire efficacemente questa e future pandemie.
Pertanto, nonostante i vaccini, che hanno notevolmente migliorato i risultati per le persone che vivono nei Paesi ad alto reddito, sono ancora necessarie opzioni terapeutiche. Non si può dimenticare il fatto che non tutti possono essere vaccinati e che alcuni vaccini sono più efficaci di altri a causa della continua sfida posta dalle mutazioni del virus.
Lo sviluppo di una strategia per la farmacologia e la terapia pandemica è vitale perché sono già stati persi mesi e centinaia di migliaia di vite e non abbiamo ancora opzioni di trattamento disponibili.
Guardando a cosa ha funzionato, la risposta è chiara: il successo è stato raggiunto quando c’è stata una solida base biologica e farmacologica, nonché una comprensione di come trasferire queste informazioni ai pazienti malati.
La necessità di promuovere una maggiore calibrazione strategica delle scienze terapeutiche e farmaceutiche esistenti in una pandemia è chiara. L’urgenza implicita in un contesto pandemico rende imperativo guidare meglio l’interfaccia tra tecnologia dell’informazione, dati amministrativi, scienze farmaceutiche e l’integrazione di studi osservazionali e studi randomizzati controllati.
Un’altra realtà rivelata alla luce della crisi del coronavirus è la necessità per i Paesi di avere i propri centri di preparazione alla pandemia, che consentano loro di coordinare meglio le priorità di ricerca. Infine, il grande contributo degli errori è che ci mostrano cosa correggere e, dopo quanto osservato in questi mesi di pandemia, chi dirige la strategia farmacologica e terapeutica deve avere una migliore visione e comprensione per risolvere i bisogni insoddisfatti.
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