Un gruppo di ricercatori del Playmouth Marine Laboratory (PML) e dell’Università di Exeter, in Inghilterra, ha esaminato le carcasse degli animali spiaggiati sulle coste inglesi. Quello che hanno scoperto è un’alta percentuale di microplastiche nei loro apparati digerenti.
I ricercatori hanno esaminato ben 50 carcasse, provenienti da animali di 10 specie diverse di delfini, foche e balene. Tutte contenevano microplastiche nel loro apparato digerente.
L’84% di queste plastiche era composto da fibre sintetiche di reti da pesca, vestiti e spazzolini da denti. Il restante 16% invece proveniva da bottiglie di plastica e imballaggi per alimenti.
È purtroppo ben noto, quanto le microplastiche nelle acque marine sia pericolose e letali per gli organismi marini, sopratutto per i grandi cetacei e gli animali marini di grandi dimensioni. Questo perché alcuni di questi grandi animali, si nutrono filtrando grandi quantità di acqua, per estrarne il plancton.
In questo modo però ingeriscono anche grandi quantità di microplastiche, non digeribili, che rimangono nell’apparato digerente. Inoltre la plastica accumulata nell’intestino, provoca un abbassamento delle difese immunitarie che li rende più vulnerabili a virus e batteri.
L’autrice dello studio, Sarah Nelms del PML, afferma che per quanto sia scioccante, non è così sorprendente aver trovato della plastica, in tutte le carcasse esaminate. La ricercatrice ha dichiarato che “il numero di particelle in ciascun animale era relativamente basso, il che suggerisce che alla fine possono essere espulsi dal sistema digerente o vengono rigurgitati”.
Ma sappiamo bene che in animali marini ed uccelli che si nutrono di pesci, la plastica può arrivare a riempirne lo stomaco, inducendo negli animali una sensazione di sazietà perenne, che li porta a non nutrirsi facendoli, alla fine, morire di fame.
Non si conoscono ancora quali possano essere gli effetti di piccole quantità di plastica, e delle sostanze chimiche che esse contengono, nell’apparato digerente dei grandi animali marini. Saranno quindi necessarie ulteriori indagini in questo senso.
Gli animali trovati morti sulle spiagge inglesi non erano deceduti a causa della plastica, ma tra quelli morti a causa di malattie infettivi si è notata una maggiore presenza di particelle plastiche, rispetto a quelli morti per ferite. Questo potrebbe far pensare che in qualche modo una maggiore concentrazione di plastica, possa portare ad una maggiore incidenza di malattie infettive.
Anche se come afferma il prof. Brendan Godley, del Center For Ecology and Conservation dell’Universita di Exeter “non possiamo trarre conclusioni definitive sul potenziale significato biologico di questa osservazione. Siamo agli albori della comprensione di questo inquinante e ora abbiamo un punto di riferimento con cui confrontare gli studi futuri. I mammiferi marini sono le sentinelle ideali per i nostri impatti sull’ambiente marino, in quanto sono generalmente longevi e molti si nutrono in alto nella catena alimentare.”
Secondo la dott.ssa Penelope Lindeque del PML, alla guida della ricerca sulla plastica come inquinante dei mari, “questo studio fornisce ulteriori prove di cui abbiamo bisogno per contribuire a ridurre la quantità di rifiuti di plastica immesse nei nostri mari e mantenere gli oceani puliti, sani e produttivi per le generazioni future“.
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