Da quando ha iniziato a interrogarsi sulla sua origine e sul mondo che lo circonda, l’umanità è progredita molto in questo tipo di conoscenza. Ma a ogni passo compiuto verso una maggiore comprensione del cosmo, nuove domande e nuovi interrogativi hanno fatto breccia.
Scoprì l’uomo che la Terra non era il centro dell’universo e il Sole non ruotava attorno ad essa, ma il contrario. Poi si rese conto che il Sole stesso era solo una tra almeno 100 miliardi di altre stelle in una galassia, che a sua volta è una tra miliardi e miliardi di altre, ognuna con miliardi di stelle. Poi ha scoperto che il Sistema Solare non è l’unico ad avere pianeti: ce ne sono migliaia e migliaia solo nella Via Lattea. E più recentemente l’uomo vive con l’idea che forse nemmeno l’universo è unico: possono essercene infiniti altri, uno o più dei quali sono uguali al nostro, con un altro “noi”. Non siamo unici, insomma.
Sembra un’idea direttamente ricavata dalla fantascienza (diversi film e libri del genere, tra l’altro, speculano sulla questione), ma ci sono dozzine di scienziati, inclusi cosmologi, fisici e matematici, che cercano di trovare almeno una prova che esiste quello che lo chiamano il multiverso, il nome più scientifico per i popolari “universi paralleli”.
Nel maggio 2017, i ricercatori dell’Università di Durham (Inghilterra) hanno suggerito che il cosiddetto Cold Spot, un’area di 1,8 miliardi di anni luce nello spazio scoperta dalla NASA nel 2004, con un’età di 13 miliardi di anni e una temperatura di 0,00015 gradi Celsius più basso dei suoi dintorni: sarebbe un’indicazione di un universo parallelo.
Il primo scienziato a proporre l’ipotesi dell’esistenza di più mondi fu il fisico americano Hugh Everett III, nel 1957, come interpretazione alternativa dei fenomeni quantistici. La meccanica quantistica è la teoria che descrive ciò che accade su scala subatomica. In questo mondo strano e bizzarro, particelle come fotoni ed elettroni possono essere due cose allo stesso tempo, come particelle e onde.
La meccanica quantistica è il territorio delle probabilità e non di eventi precisi ed esatti, come nella fisica classica, della Teoria della Relatività Generale, elaborata da Albert Einstein. In questo caso è possibile determinare la velocità e la posizione della Terra in un dato momento nella sua orbita attorno al Sole. Nel mondo quantistico, il Principio di Indeterminazione, formulato nel 1927 dal fisico teorico tedesco Werner Heisenberg, secondo il quale è impossibile determinare con precisione e simultaneamente quali sono la posizione e la velocità di una particella. Più accurato è il primo verificato, più impreciso il secondo e viceversa.
Fino a quando Everett non propose la sua ipotesi, nota come la teoria dei vari mondi, le possibilità quantistiche non avevano realtà fisica. Diventerebbero fatti concreti solo attraverso una misurazione effettuata da un osservatore esterno al sistema quantistico, trasformando una delle possibilità, e solo una, in una realtà fattuale.
Nella meccanica quantistica, le particelle non hanno un ruolo fisso e una variazione può o meno dare origine a una famiglia. Per questo, Everett sostiene che, in misura quantistica, possono coesistere le diverse possibilità di risultati dell’esperimento, poiché le storie successive derivanti da ciascuna di esse non interferiscono tra loro, e un osservatore in una particolare storia non essere in grado di percepire gli altri.
Il fisico americano Bryce DeWitt ha fatto un passo avanti. Per lui, i mondi possibili di Everett sono, infatti, universi multipli. Ma per DeWitt, la biforcazione delle possibilità avviene solo nelle interazioni corrispondenti a una misura quantistica.
Ad esempio, se lo scienziato è in dubbio sulla lettura di un libro o sull’andare al cinema e decide per la prima opzione, se il risultato della misurazione dello spin dell’elettrone è positivo, e per la seconda opzione, se il risultato è negativo, allora avremo un universo in cui è rimasto a casa e un altro in cui è andato al cinema. “Subito dopo la misurazione, tutto è uguale in entrambi i mondi, tranne il risultato dell’esperimento e lo stato d’animo dello scienziato”, spiega lo scienziato.
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