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Valve sta lavorando ad un metodo di gioco che sfrutti le interfacce neurali

Il GDC 2019 (Game Developers Conference) tenutosi a San Francisco, in California, è stato uno degli eventi sui videogiochi più importante ed innovativo finora. Infatti, è emerso il futuro dei videogame, ovvero le piattaforme gaming in streaming, come PlayStation Now ma soprattutto Google Stadia, che potranno ribaltare completamente il settore che finora conosciamo.

Ma non solo, infatti si è parlato della creazione in futuro di giochi sempre più reattivi ed adattivi, grazie ad un collegamento diretto con le interfacce neurali del soggetto. Questa è l’intenzione dello psicologo Dr. Mike Ambinder e dell’azienda americana di videogiochi Valve Corporation.

 

Giocare leggendo il cervello, si può?

L’dea di Ambinder è quella di sfruttare gli headset VR/AR e collegarli a strumenti per elettroencefalogrammi (ECG), in modo da fornire dati specifici agli sviluppatori di giochi per crearne sempre migliori. Analizzare la risposta della pelle, le espressioni facciali, il battito cardiaco ecc. sono tutti ottimi misuratori per analizzare cosa succede e cosa prova il giocatore in ogni momento, anche se però, per creare una nuova frontiera di giochi, è necessario il collegamento diretto col cervello, tramite le interfacce neurali.

Le interfacce neurali sono un metodo di comunicazione che trasforma i segnali neuronali in input per il computer che andrà successivamente ad analizzarli. L’obiettivo di Ambinder e dell’azienda Valve è di acquisire dati fisiologici da un giocatore e usarli per informare il gioco dello suo stato.

Possiamo misurare le risposte a uno stimolo in-game. Non otteniamo sempre dati affidabili, ma stiamo iniziando a capire come fare. Pensate a quello che vorreste sapere sui vostri giocatori. C’è una lunga lista di cose che possiamo ottenere in questo momento, con le attuali tecnologie.

Francesco Borea

Studente universitario Appassionato di tecnologia

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