Gli scienziati sono riusciti ad allungare l’aspettativa di vita di una specie di verme del 500%, segnando un traguardo molto importante, che potrebbe essere utile a sintetizzare farmaci anti-invecchiamento utilizzabili sugli esseri umani. Il Caenorhabditis elegans, un nematode che condivide alcuni tratti genetici con l’uomo, normalmente vive per circa 3 o 4 settimane, ma modificando dei filamenti di DNA, un team di ricerca composto da scienziati statunitensi e cinesi è stato in grado di “progettare” un esemplare che è stato in grado di vivere per 14 settimane, ossia cinque volte la sua normale aspettativa di vita.
La scoperta potrebbe portare a terapie combinate destinate agli esseri umani, capaci di ritardare il processo di invecchiamento, più o meno allo stesso modo delle terapie utilizzate per il trattamento di alcuni tipi di cancro e dell’HIV. C. elegans è una specie di verme non parassita, lunga circa 7 centimetri. La specie viene abitualmente utilizzata dagli scienziati in molte ricerche sull’invecchiamento umano perché essa condivide molti dei suoi geni con l’uomo; entrambe le specie condividono infatti un antenato comune.
Questa “somiglianza” consente agli scienziati di sperimentare gli effetti degli interventi genetici e ambientali nei vermi per cercare di estendere la durata della vita. Per questo motivo, il team è stato sorpreso di scoprire un aumento di cinque volte della durata della vita, un aumento molto al di sopra del previsto. “L’estensione della vita di questa specie è stata davvero una scoperta incredibile“, ha affermato il dottor Jarod Rollins, assistente professore presso l’MDI Biological Laboratory e autore principale dello studio.
“I nostri risultati dimostrano che nulla in natura esiste per caso; al fine di sviluppare trattamenti anti-invecchiamento più efficaci, dobbiamo guardarci intorno e cercare in natura percorsi tali da poterci aiutare a raggiungere i nostri intenti“. Numerosi farmaci che estendono l’aspettativa di vita sono infatti in fase di sviluppo, ma potrebbe passare molto tempo prima che questi trattamenti siano efficaci negli esseri umani. “L’attività di modifica genetica nell’uomo potrebbe non avere effetti significativi come abbiamo visto sui vermi, ma potrebbe sicuramente aiutare a trattare diverse patologie“, ha dichiarato il dottor Rollins.
“È improbabile che apportare gli stessi cambiamenti negli umani generi un aumento di cinque volte della longevità, dal momento che siamo geneticamente molto più complessi del nematode: abbiamo un’immunità adattativa, sistemi cardiovascolari e cervelli complessi, tutti elementi che questi vermi non hanno“, continua Rollins. “Probabilmente ci vorrà una ricerca ancora più mirata in tal senso prima di poter ottenere risultati simili sugli esseri umani senza effetti collaterali“.
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