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Vermi longevi: allungata l’aspettativa di vita, benefici anche per l’uomo

Un team internazionale di scienziati ha identificato percorsi cellulari sinergici responsabili della longevità nei vermi della specie C. elegans, attraverso i quali si è allungata la vita utile di questi organismi fino a cinque volte. Secondo il portale Science Alert, infatti, gli scienziati sono riusciti ad aumentare l’aspettativa di vita attraverso alcuni cambiamenti genetici in questi organismi.

Per ora, l’aumento della longevità è stato possibile solo in questi nematodi rotondi, che hanno un ciclo di vita molto breve – da tre a quattro settimane – che li rende molto facili da monitorare durante la procedura scientifica. Secondo uno degli scienziati coinvolti nello studio, ciò potrebbe essere equivalente a 400 o 500 anni di vita umana.

I percorsi cellulari identificati sono presenti anche nel corpo umano, portando gli scienziati a credere che questa indagine, i cui risultati sono stati pubblicati nel luglio 2019 su Cell Reports, potrebbe aprire le porte per prolungare la vita sana dell’uomo.

Attualmente, ci sono già una serie di farmaci da sviluppare per aumentare la longevità umana modificando questi stessi percorsi cellulari. “La scoperta dell’effetto sinergico apre le porte a terapie anti-invecchiamento ancora più efficaci“, ha affermato il team, citato in una nota. “L’estensione sinergica è davvero selvaggia (…). L’effetto non è uno più uno uguale a due, quanto piuttosto uno più uno uguale a cinque. Le nostre scoperte dimostrano che nulla esiste in natura nel vuoto. Per sviluppare trattamenti anti-invecchiamento più efficaci, dobbiamo guardare alle reti di longevità e non ai singoli percorsi“, ha affermato Jarod Rollins, uno degli autori della ricerca.

 

La ricerca apre le porte a nuove terapie

In una dichiarazione, gli scienziati spiegano che ora è necessario capire come interagiscono questi percorsi segnalati. “Nonostante la nostra scoperta dei percorsi cellulari che regolano l’invecchiamento nei vermi delle specie C. elegans, non è ancora chiaro il modo in cui interagiscono” , ha affermato Hermann Haller, presidente del MDI Biological Laboratory. “Aiutando a caratterizzare queste interazioni, i nostri scienziati stanno aprendo la strada alle terapie necessarie per aumentare l’aspettativa di vita sana media di una popolazione in rapido invecchiamento“, ha concluso l’esperto.

L’indagine è stata condotta da scienziati del MDI Biological Laboratory, negli Stati Uniti, in collaborazione con il Buck Institute for Research on Aging, sempre negli Stati Uniti, e la Nanjing University, in Cina.

Federica Vitale

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