La vitamina D in realtà comprende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: D1, D2, D3, D4 e D5. Si trova più comunemente nelle sue due forme più importanti, la D2 (ergocalciferolo) e la D3 (colecalciferolo), entrambe con un’attività biologica molto simile. L’ergocalciferolo è di origine vegetale, mentre il colecalciferolo, un derivato del colesterolo, è sintetizzato dagli animali.
La fonte principale di vitamina D per l’uomo è l’esposizione alla radiazione solare, ma può essere assunta anche attraverso la dieta anche se è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire alcune reazioni chimiche per diventare calcitriolo, ovvero la forma biologicamente attiva.
Un nuovo studio mostra come livelli ematici più bassi di proteina legante la vitamina D, nota come VDBP, siano stati osservati in pazienti con sclerosi multipla (SM). Questi risultati suggeriscono dunque che la proteina potrebbe essere un biomarcatore per questa malattia neurodegenerativa. I ricercatori ritengono comunque che siano necessari ulteriori studi per confermare i loro risultati.
Alla sclerosi multipla è già noto siano associati alcuni fattori di rischio genetici e anche ambientali. Tra di essi vi è anche il livello di vitamina D nel sangue. Questo nutriente è infatti coinvolto nella secrezione di fattori antinfiammatori.
La VDBP è una proteina che lega e trasporta la vitamina D metabolizzata per prevenirne la carenza. Come spiegano dunque i ricercatori “poiché la VDBP è il determinante chiave della vitamina D, può influenzare in modo efficiente la sostenibilità, la biocompatibilità e le prestazioni biologiche della vitamina D”.
Lo studio, condotto da un team di ricercatori dell’Università di Scienze Mediche di Teheran, in Iran, è stato intrapreso poiché sino ad ora si erano ottenuti soltanto risultati incoerenti riguardo a una possibile associazione tra la proteina legante la vitamina D e la sclerosi multipla e la sua progressione.
Nella ricerca, gli scienziati hanno preso in esame la relazione tra rischio di sclerosi multipla e livelli di VDBP in alcuni pazienti a cui era stata da poco diagnosticata la malattia. Il loro intento era dunque quello di riuscire a stabilire se tale proteina potesse essere un valido biomarcatore della malattia.
Lo studio ha visto coinvolti 609 partecipanti tra marzo del 2018 e febbraio 2020. Di questi 296 pazienti erano affetti da sclerosi multipla, mentre 313 persone sane hanno fatto parte di un gruppo di controllo. Nei due diversi gruppi, sono state valutate due varianti comuni del gene per la sintesi della VDBP, che sono state osservate a frequenze simili nei pazienti con sclerosi multipla e nei gruppi di controllo.
I ricercatori hanno poi analizzato in modo più approfondito un gruppo di partecipanti di cui facevano parte 77 pazienti con sclerosi multipla diagnosticata un anno prima dell’inizio dello studio e 67 persone sane a loro erano abbinate in termini di età e sesso.
Analizzando i dati di questa analisi i ricercatori hanno scoperto che circa il 54,5% dei pazienti con sclerosi multipla, assumevano integratori di vitamina D regolarmente, contro solo il 18% del gruppo di controllo. Per questo nei pazienti con SM, il livello ematico medio di vitamina D risultava essere più alto.
Di contro però, il livello medio della proteina VDBP circolante era significativamente inferiore nei pazienti con sclerosi multipla, rispetto al gruppo di controllo, anche nei casi di assunzione regolare di integratori di vitamina D.
I ricercatori non hanno però identificato nessuna associazione tra la proteina VDBP e livelli di vitamina D. Inoltre, i livelli di VDBP non presentavano differenze significative nei pazienti con sclerosi multipla che ricevevano un trattamento specifico per la malattia, rispetto a coloro che ancora non erano sottoposti a nessun trattamento.
I dati suggeriscono dunque che vi sia “un’associazione tra livelli inferiori di VDBP circolante e sclerosi multipla nei pazienti di nuova diagnosi”. Ma come sostengono gli stessi ricercatori, questo studio presenta dei limiti data la sua natura prettamente osservativa e il fatto che si tratti di uno studio condotto su breve termine.
Per questo saranno necessari ulteriori studi per stabilire se la proteina VDBP possa davvero essere un biomarcatore nelle fasi iniziali della malattia.
Ph. credit: VitaminaD.it
Crediti: “Riduzione della circolazione delle proteine leganti la vitamina D nei pazienti con sclerosi multipla”, BMC Neurology.
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