Quando i residenti delle Hawaii sono scampati alla massiccia eruzione del vulcano Kilauea nel maggio 2018, il vulcanologo Cheryl Gansecki e i suoi colleghi hanno subito imbracciato uno scudo di metallo fatto in casa, stivali resistenti e pale. L’eruzione è stata infatti un’opportunità irripetibile per raccogliere dati importantissimi. Oggi, Gansecki e altre due squadre di scienziati hanno pubblicato i loro risultati, frutto di una ricerca durata quattro mesi. Questi consentono una visione più ampia del sistema idrico sotterraneo del Kilauea e spiegano le fasi che hanno portato al collasso della caldera.
Gansecki, per conto dell’Università delle Hawaii a Hilo, ha studiato vulcani per tutta la sua carriera, e in particolar modo il vulcano Kilauea. Così mentre la lava si riversava attraverso la parte orientale della Big Island, Gansecki raccoglieva campioni di materiale vulcanico, armato di pala e tuta protettiva e sfruttando un secchio d’acqua per raffreddarlo. “Raccogliere la lava è la parte divertente, ma il lavoro vero viene solo dopo“, racconta.
Come parte del suo studio, Gansecki e il suo team hanno usato un sistema di monitoraggio geochimico in tempo reale per prevedere il momento in cui la lava stava per spostarsi, a causa del raffreddamento che da una colata semiliquida la trasformava in un ammasso di denso materiale roccioso. Potendo tenere sotto costante controllo la temperatura della lava, il team è stato in grado di raccogliere dati importanti sulla velocità del flusso e sul livello di pericolosità dell’evento vulcanico.
Misurare la temperatura della lava (che oscilla tra gli 800 e i 1.000 gradi) non è affatto cosa facile. La maggior parte dei termometri infatti si scioglie al contatto con essa, mentre nel migliore dei casi, le dimensioni dei termometri utilizzabili rendono l’operazione ancora più complicata. Il team di Gansecki ha quindi escogitato un sistema più immediato per trasportare i campioni dalla colata al laboratorio.
Man mano che la lava si raffredda, questa si cristallizza. Quindi i ricercatori hanno pensato di immergere i campioni in acqua per arrestare il processo di cristallizzazione; dopo di che, la lava indurita è stata frantumata e ridotta in polvere, per poi essere inondata dai raggi X di uno spettrometro. Irradiati dai raggi X, i campioni diventano fluorescenti, consentendo agli scienziati di studiarli e misurarne il peso e la composizione.
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