Alcuni ambientalisti negli Stati Uniti, più precisamente nel Montana, l’hanno definita “l’orologio della morte“, ossia una delle poche centrali elettriche a carbone rimasta nel Paese. Quest’ultima sembrava essere condannata alla distruzione che rappresentava una piccola vittoria per cercare di evitare i disastrosi cambiamenti climatici. Tuttavia una mining di bitcoin è intervenuta per ritirare su il destino di questa centrale elettrica.
Già nel 2018 questa centrale doveva chiudere perché mancavano i clienti e nell’anno precedente era stata operativa per soli 46 giorni. Alla fine del 2020 grazie ad un accordo la mining di bitcoin è l’unico destinatario dell’elettricità della centrale. Tale sete di potere è comune nelle criptovalute: l’estrazione di bitcoin a livello globale consuma più elettricità della Norvegia, un paese di 5,3 milioni di persone.
Con la sua rinascita le caldaie sono tornate a lavorare a pieno regime in solo nove mesi. Anche le emissioni di riscaldamento del pianeta dovute alla combustione del carbone di Hardin sono aumentate vertiginosamente, con 187.000 tonnellate di anidride carbonica emesse nel secondo trimestre dello scorso anno. Nel terzo trimestre sono state emesse altre 206.000 tonnellate di CO2, un aumento del 905% rispetto al 2020. Ciò fa pensare che se siamo preoccupati per le condizioni sul cambiamento climatico non dovremmo fare uso delle criptovalute in quanto è davvero grave per il clima.
Questa centrale è una delle tante centrali per il paese americano che sono state rimesse a lavoro per offrire sempre più elettricità richiesta da queste società di bitcoin per le proprie operazioni. La Cina, in precedenza l’epicentro dell’industria dei bitcoin, l’anno scorso ha effettivamente bandito circa la metà dei minatori di valuta del mondo e la conseguente ricerca di energia a basso costo ha visto le aziende guardare le centrali elettriche statunitensi in difficoltà. Sempre nel 2020 un’altra centrale a carbone è stata convertita per funzionare a gas e essere utilizzata per estrarre bitcoin su larga scala.
Le centrali elettriche a carbone e a gas naturale utilizzate per il mining di criptovalute che altrimenti smetterebbero di funzionare mentre decarbonizziamo aggiungono ancora più carbonio all’atmosfera in un’era in cui dovremmo ridurre tali emissioni. L’uso continuo o in espansione da parte di Crypto di elettricità proveniente da combustibili fossili impone alla società notevoli costi economici ambientali. Resta da vedere se bitcoin farà un passo significativo lontano dai combustibili fossili, ma nel frattempo sarà probabilmente sottoposto a un controllo crescente sulla sua appetito per l’elettricità alimentata da combustibili fossili.
Foto di Steve Buissinne da Pixabay
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