L’immagine tradizionale dell’evoluzione – dalla scimmia all’uomo eretto – potrebbe essere superata. Secondo un recente studio pubblicato su BioScience dai ricercatori dell’Università del Maine, stiamo entrando in una nuova fase evolutiva: non più solo plasmati dai geni, ma dalla cultura e dall’organizzazione sociale.
La cultura “mangia la genetica a colazione”
Tim Waring e Zachary Wood spiegano che l’evoluzione culturale ha ormai una forza trasformativa superiore a quella genetica. La pandemia di COVID-19 è citata come esempio: le società hanno reagito come un “sistema immunitario collettivo”, cooperando su larga scala.
Dal fuoco ai vaccini: un lungo percorso
Dall’agricoltura alle infrastrutture antiche, dai vaccini dell’Ottocento fino all’editing genetico moderno: ogni progresso è frutto di conoscenze condivise, non di mutazioni biologiche. Soluzioni culturali e tecnologiche – come occhiali e tagli cesarei – hanno reso meno determinante la selezione naturale.
Cooperazione, ma non solo progresso
Gli autori sottolineano che questa transizione non è sinonimo di superiorità morale: l’evoluzione culturale può generare sia innovazioni benefiche sia conseguenze distruttive. Comprendere il fenomeno è cruciale per orientare il cambiamento in senso positivo.
Verso un futuro interdipendente
I ricercatori stanno sviluppando modelli per misurare la velocità di questa trasformazione. Se la tendenza continuerà, la sopravvivenza della specie dipenderà sempre più dalla coesione, dall’adattabilità e dalla resilienza delle società umane.
Foto di Maksim Shutov su Unsplash

