Può essere un momento di importante alleggerimento parlare del proprio status mentale sul proprio posto di lavoro con un collega o anche con il proprio manager, solo che molto spesso questo argomento risulta ancora un tabù minando la sensazione di libertà dei vari lavoratori.
Molti lavoratori preferiscono camuffare uno stato di stress mentale con un malessere somatico, anziché richiedere al proprio datore qualche giorno libero per poter ricaricare le batterie mentali. Questo succede perchè nove persone su dieci non si sentono libere di parlare riguardo la propria salute mentale, dice Andrew Berrie, direttore del programma per i datori di lavoro della campagna Time to Change. E questo a causa di un ambiente che tende a discriminare e stigmatizzare chi sta attraversando un periodo di stress e sofferenza mentale.
Il co-fondatore di minds@work Geoff McDonald, una rete di professionisti che cercano di costruire luoghi di lavoro psicologicamente sani, afferma che la situazione sta migliorando ma, attualmente, siamo solo alla base di un Everest da scalare. Questo poiché c’è un’importante discrepanza tra ciò che pensano i leader riguardo l’apertura nei confronti dei dipendenti con stress mentali e quello che viene messo in pratica. E ciò accade perché, se da un lato c’è una scarsa tendenza da parte dei dipendenti a esprimersi, dall’altro sta un’incapacità dei manager di interloquire in modo efficace o addirittura di rendersi conto del reale status dei propri dipendenti.
Molto spesso, a essere maggiormente considerata, è la salute fisica dei lavoratori, dal momento che risulta più semplice da tutelare. Questo non significa però dover completamente trascurare la salute mentale dei propri dipendenti. Vi è l’obbligo da parte dei datori di lavoro di garantire un ambiente di lavoro privo di pressioni eccessive che potrebbero nuocere ed esacerbare problemi già presenti, ma questi propositi come si traducono in pratica? Non è facile dare una risposta. Berrie afferma che possibili interventi potrebbero consistere nel permettere ai dipendenti di prendersi pause dal lavoro e occasionalmente lavorare da casa, magari riallocando temporaneamente i compiti considerati stressanti.
Secondo lo psicologo clinico Dr. Beverley Flint, della fondazione Mental Health di Camden e Islingto, i manager devono regolarmente fare dei check con i propri dipendenti per tenere sotto controllo il loro status e riuscire a sostenere magari chi sta passando un periodo frustrante. Ciò contribuirebbe a migliorare la qualità del posto di lavoro cosa che unita all’aumento dell’efficienza che ne deriverebbe, gioverebbe a tutti senza ombra di dubbio.
In definitiva, i manager devono prendersi cura dei propri dipendenti, dare segnali che possono parlare in sicurezza, Molto spesso il lavoro diventa una via d’uscita a un giorno che è iniziato nel modo sbagliato. Esso non deve trasformarsi in un peso che va a peggiorare la situazione: serve un atteggiamento di incontro da parte di chi è a capo che faccia sentire una maggiore sicurezza nei dipendenti, cosa che può dar frutto ad un ambiente più produttivo ma soprattutto più sano, per tutti.
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