Sono stati appena pubblicati su The Lancet i risultati di una ricerca sugli effetti da inquinamento atmosferico sulla salute. Il primo effetto avverso che può venire in mente lo associamo, di solito, alle malattie respiratorie, ma un recente studio condotto presso la Columbia University’s Mailman School of Public Health dimostra che l’esposizione costante al particolato è capace di compromettere le ossa favorendo l’insorgere di fratture ossee e osteoporosi. Sono maggiormente a rischio, in questo senso, le comunità esposte a livelli elevati di PM2.5 (polveri sottili), che sono anche quelle a basso reddito.
Come ha ammesso il dottor Andrea Baccarelli, presidente di Scienze della Salute Ambientale alla Mailman School, i potenziali rischi per la salute dovuti ad inquinamento ambientale sono stati ampiamente documentati da un’approfondita e decennale ricerca: malattie respiratorie, cardiovascolari, tumore, compromissione delle funzioni cognitive. Ora, anche l’osteoporosi”.
I ricercatori della Mailman School of Public Health hanno esaminato i dati di ben 9 milioni di persone (di età pari o superiore ai 65 anni) che abitano in varie zone degli Stati Uniti. Sono state controllate ed analizzate da gennaio 2003 a dicembre 2010 (per la bellezza di 8 anni).
Ecco i risultati:
Le polveri (residui della combustione), nello specifico, possono provocare infiammazioni e danni ossidativi sistemici che accelerano la perdita ossea e rendono gli anziani più soggetti al rischio fratture.
Vediamo, in dettaglio, gli 8 effetti gravi sulla salute derivanti dallo smog.
Sulla base di uno studio pubblicato a settembre del 2015 sulla rivista Nature, l’inquinamento atmosferico causa 3,3 milioni di morti nel mondo; per il 75% (localizzato soprattutto in Cina e India), dovuti ad attacchi cardiaci ed ictus, per il restante 25% da disturbi polmonari. Il 75% dei casi mortali si verificano in Asia (soprattutto Cina e India) per inquinamento derivante da combustibili fossili ed emissioni globali di carbonio da record.
E’ facile associare allo smog anche malattie cardiovascolari, ma studi più recenti forniscono un crescente numero di prove secondo cui l’aria inquinata può avere seri impatti negativi sulla salute fisica e mentale causando disturbi talvolta letali.
Gli effetti da inquinamento atmosferico, secondo il nuovo studio, non si fermano di certo alle malattie polmonari e cardiovascolari. La Fondazione Osteoporosi Internazionale afferma che la malattia, negli anziani, dovuta alla perdita di densità ossea, è la causa più frequente di fratture ossee (circa 8,9 milioni di fratture ogni anno, nel mondo): nel nuovo studio pubblicato sulla rivista The Lancet, i ricercatori dichiarano che esiste un legame tra fratture da osteoporosi e inquinanti tossici. Negli anziani esaminati dagli studiosi che vivono in zone con livelli più elevati di inquinamento il rischio di fratture ossee aumenta notevolmente.
L’ictus uccide ogni anno circa 5 milioni di persone nel mondo: negli USA, rappresentano la quinta causa di morte e la causa principale di disabilità permanente, secondo i dati dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie. I casi di ictus sono in crescente aumento ed alcuni ricercatori (che hanno pubblicato nel 2015 i risultati del loro studio) si sono interrogati su una probabile associazione tra esposizione a breve termine all’inquinamento atmosferico ed i risultati avversi di ictus (disabilità, morte). Hanno, così, esaminato 94 studi contenenti 6,2 milioni di casi mortali di ictus in 28 Paesi nel mondo verificatisi tra il 1948 ed il 2014. Il legame tra i due fattori è risultato marcato e stretto: il rapporto tra zone con più alto livello di contaminazione e numero di casi di ictus risulta direttamente proporzionale.
Un ulteriore studio pubblicato a settembre di quest’anno nel Journal of the American Society of Nefrologia ha suggerito che l’esposizione ad un elevato quoziente di inquinanti potrebbe essere collegata alla diminuzione della funzionalità renale con conseguente insorgenza di insufficienza renale ed altre malattie renali. Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno analizzato dati medici di oltre 2 milioni di persone raccolti in oltre 8 anni con la conclusione, oltretutto, che anche livelli inferiori al limite fissato dall’EPA si sono rivelati dannosi per i reni.
“Questo fa pensare che non esiste un livello sicuro di inquinamento atmosferico” ha concluso il dottor Ziyad Al-Aly, direttore dell’epidemiologia clinica presso Veterans’ Affairs Saint Louis Health Care System.
Ad ottobre dello scorso anno, sono stati pubblicati i risultati di una ricerca scientifica (facente parte dello studio europeo ESCAPE) pubblicata sul Journal of Heart Europe, incentrata sugli effetti sulla salute di un’esposizione a lungo termine a sostanze con proprietà nocive o irritanti. Sono state esaminate 41.000 persone in Spagna, Danimarca, Germania, Svezia e Norvegia e si è arrivati alla conclusione che l’inquinamento potrebbe aumentare il rischio di sviluppare l’ipertensione o alta pressione sanguigna, oltre che il sovrappeso. Lo studio è iniziato nel 2008 su persone sane e, nel corso degli anni (fino ad arrivare al 2011), il 15% delle persone esaminate avevano sviluppato l’ipertensione. Nello studio è stato verificato in 60 siti diversi che il rischio di ammalarsi di ipertensione cresce del 22% se si vive in aree con elevati livelli di inquinamento.
Uno studio sui topi risalente a luglio di quest’anno, pubblicato sulla rivista Enviromental Health Perspectives ha riferito che l’esposizione a livelli elevati di contaminazione ambientale durante la gravidanza potrebbe essere responsabile di nascite premature (nell’83% dei casi) o alla riduzione di peso del nascituro (riduzione di circa l’11% nel 50% dei casi). Questi effetti avversi si sviluppano più facilmente e con più probabilità se durante il primo stadio di gravidanza il topo è esposto all’aria inquinata. Negli esseri umani, il periodo di gravidanza si riferisce al primo e secondo trimestre ed è in questo particolare periodo che l’inquinamento può risultare potenzialmente pericoloso.
A novembre 2017, uno studio pubblicato sulla rivista Health & Place riferisce il possibile legame tra inquinanti e malattie psicologiche. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno analizzato le informazioni contenute in un database riguardanti l’inquinamento incrociandole con i dati risultanti da un’indagine su 6.000 persone americane. Valutando i livelli di disagio psichico di queste persone (sentimenti di disperazione, tristezza, nervosismo, ecc.), i ricercatori hanno scoperto che i casi di disturbi mentali crescevano in proporzione agli alti livelli di inquinamento nell’aria. Ecco i risultati, in sintesi:
Risale al febbraio 2011 lo studio pubblicato sulla rivista The Lancet che ha confermato la correlazione tra inquinamento ed insorgenza di malattie cardiovascolari, attacchi di cuore, infarti anche mortali. E’ un dato appurato, riportato anche dall’American Heart Association. L’inquinamento atmosferico può essere una delle cause di attacchi cardiaci come l’assunzione di alcol, caffè o esercizio fisico. Secondo gli scienziati, l’aria inquinata è responsabile del 5-7% degli infarti, alcol e caffè di circa il 5% ciascuno, l’esercizio fisico di circa il 6%.
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