La coscienza è un argomento molto complesso, che tutt’ora trova numerose concezioni diverse, e non è ancora spiegato dalla scienza. Con questo termine generalmente si indica quel momento della presenza alla mente della realtà oggettiva sulla quale interviene la “consapevolezza” che le dà senso e significato, che la trasforma in reale. Nessuno percepisce un oggetto allo stesso modo, ognuno ha una propria coscienza di intenderlo. Ed ecco anche perché ogni persona è diversa dalle altre.
A dimostrazione di ciò, nonostante migliaia di anni di indagine da parte di filosofi e scienziati, le origini della coscienza non sono mai state veramente comprese. In che modo il cervello, l’organo senza dubbio deputato e più vicino alla coscienza, genera un’esperienza così soggettiva? Sappiamo ormai che certamente che malattie, ictus o lesioni neuronali possono danneggiarlo; lo abbandoniamo durante il sonno o mentre siamo anestetizzati, la classica perdita di coscienza. Ma nonostante ciò, le risposte della scienza sull’origine della coscienza rimangono molto imprecise e dubbie.
Il rapporto tra coscienza e scienza
Recentemente è partito un progetto molto interessante, di circa 20 milioni di dollari, della Templeton World Charity Foundation, riportato sulla rivista Science.
Nella prima analisi, si mettono a confronto la parte anteriore del cervello contro la parte posteriore. La teoria dello spazio di lavoro neuronale globale, guidata dal professor Stanislas Dehaene al Collège de France, suggerisce un ruolo da protagonista per la corteccia prefrontale, spesso chiamata “CEO” del cervello per la sua importanza nella pianificazione e nella risoluzione dei problemi. La teoria sostiene che gli stimoli sensoriali in competizione spingono per l’attenzione neuronale, ma solo quelli a cui viene data la priorità tagliano per innescare altri processi cerebrali, come la memoria di lavoro e il processo decisionale. È questa “trasmissione globale” attraverso il cervello che sperimentiamo come pensiero cosciente.
Quindi la coscienza è sicuro che deriva dalla parte anteriore del cervello? Ma, invece, non potrebbe essere la parte posteriore? La teoria dell’informazione integrata, introdotta dal professor Giulio Tononi dell’Università del Wisconsin, sostiene che più parti sono interconnesse di un sistema, più è probabile che sia consapevole. Prevede che le cellule interconnesse tra di loro vicino alla parte posteriore del cervello dovrebbero dare un contributo importante allo sviluppo di essa.
Una logica conseguenza dell’idea matematica del Prof Tononi, in cui l’interconnessione e lo scambio di informazioni sono fondamentali, è che anche la materia non biologica potrebbe essere cosciente. Questa visione radicale secondo cui la materia inanimata potrebbe avere una vita interiore, nota come panpsichismo, è sorprendentemente ben considerata tra i filosofi. Dopo tutto, il nostro cervello è composto da atomi, proprio come tutte le altre cose nell’universo. Per altri, tuttavia, ciò rende la teoria dell’IIT evidentemente assurda. Rimane dunque il mistero su questo argomento, molto difficile da decifrare a livello scientifico. Possiamo comunque affermare che il cervello in toto, sia parte anteriore, sia posteriore, contribuiscono al fenomeno della coscienza.