La condizione definita come sindrome dell’intestino irritabile colpisce circa il 20% della popolazione e causa dolori e gonfiore a livello dell’addome andando ad alterare i naturali ritmi intestinali dell’individuo, motivo per cui chi ne è affetto ha sempre sperato in una svolta negli iter terapeutici per questa patologia.
L’azione dei ricercatori
La causa della sindrome è sconosciuta, di norma le terapie prevedono farmaci antispastici e contro la diarrea, gli scienziati hanno però cercato di andare oltre le convenzionali pratiche, infatti hanno sperimentato un nuovo approccio che tiene conto del fattore psichico del paziente adoperando la terapia cognitivo-comportamentale tramite smartphone e PC (CBT).
Essi hanno confrontato 558 malati che sono stati inseriti nella nuova pratica terapeutica citata precedentemente o hanno ricevuto cure standard.
Il risultato parla da se, i pazienti che hanno proceduto all’iter cognitivo-comportamentale hanno dimostrato una maggiore possibilità di miglioramento entro l’anno successivo all’inizio della terapia, avvenimento che ha portato di conseguenza a un miglioramento anche degli effetti che il disturbo aveva sia nella vita lavorativa che in quella quotidiana.
Una terapia tanto smart quanto efficace
Il ricercatore principale Hazel Everitt, dell’Università di Southampton, ha dichiarato: “Il fatto che le sessioni di CBT si dimostrino essere trattamenti efficaci è una scoperta davvero importante ed entusiasmante, i pazienti sono in grado di intraprendere questi trattamenti in un momento conveniente per loro, senza dover recarsi in cliniche“.
Ora non resta che integrare queste pratiche a livello globale, infatti il team sta formando un gruppo di terapisti , poichè al momento il CBT è fruibile ad un gruppo limitato di pazienti.
Un barlume di speranza per molti
Una paziente che ha avuto la quasi totale remissione dei sintomi, Laura Day, afferma che questa terapia le ha radicalmente cambiato la vita dal momento che non deve più evitare cibi, ristoranti o determinate situazioni, in virtù del fatto che nel 98% dei casi non presenta più nessun sintomo.
Di certo si tratta di risultati incoraggianti che lasciano ben sperare chi soffre di questa frustrante patologia e cerca una via d’uscita, il collegamento tra psiche e salute è la chiave di lettura di questa sindrome i cui segreti forse si fanno meno oscuri.